Un originale dialogo tra la pittura di Marc William Zanghi, uno tra i più importanti rappresentanti della giovane arte siciliana, e gli interventi architettonici di Gianni Pettena tra gli esponenti più accreditati dell’architettura radicale, sorta a Firenze alla fine degli anni Sessanta. Ancora una volta lo spazio temporaneo della Gam di piazza Sant’Anna, a Palermo, diventa scenario d’arte contemporanea con la mostra “Immagini di uno stare – Dialogo tra Gianni Pettena e Marc William Zanchi”, visitabile fino al 7 settembre nell’allestimento di Ars Mediterranea.
Gli interventi architettonici di Pettena – Applausi, Milite Ignoto, Carabinieri e Grazia & Giustizia – risalgono al rovente periodo in cui lo stesso Pettena era protagonista delle provocatorie avanguardie italiane degli anni Sessanta. «Feci la scritta Grazia & Giustizia in occasione di uno spettacolo sperimentale in un teatro off di Palermo – racconta Gianni Pettena a MeridioNews -. Era il 1968 e l’Italia di cultura si ribellava alla prigionia dell’intellettuale Aldo Braibanti, anche a Palermo. Attraversammo la città sostenendo queste enormi lettere fino ad arrivare alla Cala, dove accompagnati dalla musica elettronica dei Mev, le lanciammo in mare. Quella volta – ammette sorridendo – rischiai una denuncia».
L’esposizione, curata da Lorenzo Bruni, presenta 30 dipinti e sculture di Marc William Zanghi posti negli spazi del museo palermitano, appositamente modificati da tre interventi di Gianni Pettena. Ogni opera rappresenta un’istallazione in ricordo della performance che ne suggellò il significato di rottura, come Sedie Indossabili, protagoniste di una performance surreale avvenuta a Minneapolis nel 1967 e oggi appese temporaneamente al soffitto della Galleria. Nel percorso della mostra, accanto alla storia dell’avanguardia, le oniriche tele e le bizzarre testine di Marc William Zanghi, giovane rappresentante dell’arte contemporanea siciliana, proveniente dalla cosiddetta Scuola di Palermo. Sono sei le grandi tele che dialogano con le scritte di Pettena nella contrapposizione tra ribellione e sogno, tra la monocromia del cartone e le foreste in technicolor di Zanghi e non ultime le microsculture in resina, le teste in miniatura, che «sono le tracce di noi, ciò che lasciamo, ciò che va in circolo – spiega l’artista -. Sono i pulviscoli della controluce, il modo con il quale percepiamo le presenze, senza sapere che ciò che vediamo è reale».
Scrive Lorenzo Bruni nel volume che accompagna l’esposizione: «Visitando la mostra appare evidente che per Gianni Pettena è fondamentale stabilire un confronto/scontro con il pubblico per stimolarlo a percepire in maniera differente il luogo che attraversa, più che a fornirgli una delimitazione dello spazio fisico per fini solo funzionali. Mentre, per Marc William Zanghi si tratta di un’infinita attrazione/repulsione per la superficie pittorica, che da sempre ha aggredito per renderla una dimensione magmatica e allucinatoria per mezzo del colore denso e i dei toni squillanti sul rosa».
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