Abbiamo incontrato Alessio Boni al Campus Taormina, nella giornata d’apertura del FilmFestival. Nel cast di Sanguepazzo (titolo rivelatore della natura dei protagonisti) il nuovo film di Marco Tullio Giordana, presentato a maggio a Cannes, il bell’attore dichiara di essere “pazzofelice” del suo ruolo e del film. E a chi accusa in modo provocatorio Giordana di essere stato un cattivo revisionista della storia della Resistenza, narrando la parabola artistica e umana di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti (due celebri attori del cinema fascista che aderirono alla repubblica di Salò), Boni risponde dicendo “la vicenda è talmente delicata che mi sento di difenderla a spada tratta. È un melodrammatico che va capito”.
Il giovane artista ha raccontato anche cosa voglia dire fare l’attore oggi: quanti sacrifici all’inizio, per uno che faceva il piastrellista, come tutta la sua famiglia, che non amava la scuola (frequentava corsi serali di ragioneria) ma che poi ha tanto amato l’Accademia d’arte drammatica di Silvio D’Amico. In seguito sono arrivate le soddisfazioni e il successo, dopo anni “di vita da barbun”, racconta Boni, come gli diceva suo fratello in perfetto bergamasco. Forse sarebbe il caso di dire che quando il talento c’è prima o poi emerge.
Dicono di lui che sappia abbandonarsi – alla giusta occasione – a una certa spettacolarità e ad un tocco patetico. E che la televisione e il cinema lo abbiano cambiato. Ma la vita quando la ritieni davvero piena? Alle domande di Lorena Bianchetti – moderatrice dell’incontro – Boni risponde ‹‹Ora, in questo momento, con tutti questi ragazzi che ascoltano attenti, cercando di capire quali corde toccare per trasmettergli di più”. Ma Boni svela anche un lato del suo carattere non scontato: Sono un “nostalgico”, lo sono sempre. Adoro infatti lo scritto di Nazim Hikmet “durante tutto il viaggio la nostalgia non si è mai separata da me…”››.
E sul grande dilemma tra cinema, teatro e tv Boni risponde: “Intanto sono felice che i giovani apprezzino il cinema, il problema è che hanno ridotto i finanziamenti al Fus (fondo unico spettacolo) e ciò non è un bene. Poi, certi film per le immagini troppo cruente non dovrebbero andare in tv ma soltanto al cinema. Riguardo al mezzo in sé, cinema, teatro, radio, tv, non ci dovrebbe essere differenza. In accademia dicevano sempre “la differenza la fa l’attore preparato, onesto e coerente, perché il pubblico ha più antenne di quanto crediate”.
All’incontro ha partecipato anche l’artist’s manager Moira Mazzantini, figlia dello storico Carlo Mazzantini, che ha affrontato il tema “cosa vuol dire fare l’agente di spettacolo oggi” svelando i retroscena della carriera di un’artista e di come venga gestita, dalla scelta delle proposte lavorative ai casting. La manager ha lavorato e lavora tra gli altri con Sergio Castellitto, Ferzan Ozpetek, Pierfrancesco Favino, Ornella Muti.
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