Al Teatro Garibaldi Aperto, la resistenza come antidoto all’esistenza

QUANTA VERITA’ PUO’ SOPPORTARE UN UOMO? E QUANTE VERITA? ESISTONO?

di Gianfranco Scavuzzo

Quanta verità può sopportare un uomo? si chiede il filosofo. E quante verità esistono: una, infinite, nessuna? A quali di queste è disposto a rinunciare un uomo, pur di sopravvivere in un mondo che tenta in ogni modo di non lasciare alcuna possibilità al rifiuto di un modello?


Trovare necessariamente una spiegazione razionale a tutto, definire, catalogare: emerge il ritratto feroce di un mondo disumano e disumanizzante, in questa “Preghiera – Atto osceno” che ha debuttato, domenica sera, al Teatro Garibaldi Aperto di Palermo. «Racconto delle tappe di sopravvivenza di un’anima, attraverso l’esperienza della malattia», tentativo di resistere al soverchiante rigore scientifico che opprime e soffoca, questo è l’obiettivo che l’autrice del testo e protagonista sulla scena, Margherita Ortolani, ha posto al centro dell’attenzione, coinvolgendo nella sua riflessione lo spettatore.
Non c’è possibilità di riscattarsi dalla presa feroce del pensiero unico, dalla gabbia delle verità che ci de-formano fin dalla nostra nascita. Il silenzio è l’unica opzione consentita.
Una società iper-ospedalizzata, dove il cuore è soltanto il muscolo involontario che mantiene in vita la macchina umana, i sentimenti sono l’esito di un impulso neuronale, neppure il dolore sfugge alla biologia: la medicina si fa abuso meccanicistico di corpi privati della dignità.
Non c’è spazio, d’altronde, per un racconto diverso, personale, delle esperienze più intime come la malattia: non c’è spazio per alcuna imperfezione, instabilità o dubbio. Laddove la scienza non riesce a fornire risposte, si ricorre alla religione, alle preghiere risolutrici ed ai Miserere, che riescono a riempire i vuoti, fornendo risposte altrettanto inconfutabili quanto quelle fornite da un referto.
Eppure, nonostante tutto, esiste una possibilità per preservare una visione alternativa e soggettiva della propria esperienza contro ogni imposizione, uno spiraglio di fuga esiste: non resta che la ribellione individuale che si esprime, sottoforma di resistenza, nella dimensione astratta del sogno.
L’«atto osceno», al di fuori della scena del mondo, è l’unico atto possibile.

Margherita Ortolani affonda il coltello in una delle ferite più profonde della condizione umana, con un testo che è un vero e proprio bombardamento di sollecitazioni per uno spettatore che viene coinvolto nel disagio dei protagonisti, fin dal suo ingresso in sala.
Sulla scena, la stessa Ortolani e Vito Bartucca (clinico aguzzino in camice bianco) offrono una grande prova attoriale, che ipnotizza il pubblico.
Giuseppe Isgrò firma la regia e le sapienti luci di questo caustico spettacolo che vede la partecipazione anche delle voci fuori-campo di Elena Russo Arman, Julio Lope e Tito Lombardo, oltra alla fondamentale presenza fuori-scena della dramaturg Francesca Marianna Consonni, anima di questa pièce.
Scarni, ma funzionali, gli elementi scenografici firmati da Igor Scalisi Palminteri.

“Preghiera, un atto osceno” replicherà stasera a Palermo, prima di salpare alla volta di Milano dove verrà presentato nel corso della rassegna Contagio, organizzata dalla compagnia Phebe Zeitgest che co-produce lo spettacolo insieme al Teatro Garibaldi Aperto.

Il Teatro Garibaldi, ad oltre un anno dalla sua ri-apertura alla fruizione per volontà di numerose realtà culturali della città, ritorna ad essere fucina e luogo di produzione teatrale che si impone all’attenzione del panorama nazionale, con uno spettacolo accolto dal pubblico palermitano, alla sua prima rappresentazione, con grande entusiasmo.
Del resto, questo teatro, restituito al pubblico meno conformista e più attento alle evoluzioni dei linguaggi, ed i giovani artisti che ne animano le attività, merita tutta l’attenzione ed il riguardo della città che si candida a divenire capitale della cultura europea, perché rappresenta uno dei rari esempi di realtà culturale che riesce a sopravvivere senza la necessità di sovvenzioni pubbliche, di consigli di amministrazione e di poltrone da spartire, ma soltanto grazie al contributo generoso e volontario di centinaia di spettatori che rispondono con sempre maggiore partecipazione.
Di fronte ad una città che vede in estrema sofferenza blasonate, quanto asfittiche, realtà, fatte preda nel passato di ignominiosi saccheggi, ed oggi incapaci di rinnovarsi e di offrire sul piano artistico, nuove suggestioni ad un pubblico sempre più esigente, ciò che orbita attorno a questo rinato Teatro Garibaldi ed ai suoi lusinghieri successi, va tenuto in esempio ed incoraggiato.

Gianfranco Scavuzzo

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