Aidone, l’integrazione dei migranti passa dal museo Responsabile: «Tirocinio diverso da lavoro di laureati»

«Dopo tutto quello che ho passato, non avrei mai pensato di fare un tirocinio in un museo. Il mio compito è quello di mantenere in ordine le sale e pulire le vetrine espositive con la guida di un tutor». Sorride il giovane Fode, originario del Senegal, mentre racconta a MeridioNews l’attività che svolge per il museo archeologico di Aidone. Anche il maliano Suleman, che arriva da un centro per minori non accompagnati di Catania, è stato accolto nello Sprar tre anni fa. Lui, invece, supporta gli addetti alla manutenzione del verde pubblico nell’area archeologica di Morgantina, insieme ad altri quattro ragazzi. «È un lavoro delicato – dice – perché questa è una città antica e importante». 

Suleman e Fode sono due dei sei richiedenti asilo dello Sprar Don Bosco 2000 di Aidone impegnati, da giugno, nelle attività di supporto alla manutenzione del museo e dell’area archeologica di Morgantina. «Il tirocinio formativo, della durata di cinque mesi, è frutto di una convenzione tra l’associazione Don Bosco 2000 e il museo archeologico di Aidone – spiega Monica Camiolo, educatrice e referente per l’orientamento al lavoro del centro Sprar – Lo scopo è quello di favorire l’integrazione e l’inclusione sociale attraverso dei percorsi di formazione. Tutti i ragazzi, seguiti da un tutor, ricevono un rimborso che è a carico dell’associazione mentre l’ente beneficiario, il museo, non versa nessuna quota».

Dopo l’annuncio pubblicato dal direttore del museo sulla pagina Facebook, sono arrivati i commenti critici di alcuni laureati in Beni culturali senza un impiego. «Io che ho una laurea in Beni culturali – commenta Giuseppe – non ho avuto la stessa opportunità». «Dare un posto ai migranti nei musei, che siano pagati o no – interviene Massimiliano – è uno schiaffo e una ingiustizia nei confronti di chi ha studiato e per poterci lavorare». Poi c’è chi, come Marcella dice: «Oltre alla Laurea in Beni culturali e archeologici, ho anche una qualifica come addetto alla manutenzione e gestione dei servizi museali e archeologici, ma – lamenta – sono a casa».

Le critiche, però, arrivano senza che si conoscano bene i fatti. «I nostri ragazzi sono appena scolarizzati – chiarisce la responsabile del centro Sprar, Roberta La Cara – È impensabile che possano occupare una posizione che spetterebbe a un laureato o specializzato. Il tirocinio è uno strumento per garantire ai richiedenti asilo una formazione da spendere una volta fuori dallo Sprar».

A chiarire la vicenda, interviene anche il direttore del museo. «Ho ampiamente risposto ai commenti – spiega Concetto Biagio Greco – postando due video del filosofo Diego Fusaro in cui emerge qual è la reale problematica dell’immigrazione che non si può racchiudere nella logica deviante del migrante nemico che ruba il lavoro agli italiani. Il vero nemico – sottolinea – è il potere a cui giova mantenere un livello di scontro orizzontale tra disoccupati italiani e migranti, evitando che raggiunga un conflitto verticale verso i signori della finanza». In questo modo si perdono di vista i veri responsabili e si addita lo straniero come la causa di tutti i problemi. «Come si fa a non rendersi conto delle politiche colonialiste – si chiede il direttore del museo – che da secoli sfruttano i loro Paesi di provenienza costringendo queste persone a fuggire?».

Da parte del museo, per altro, non c’è stata nessuna assunzione. «Abbiamo accettato la proposta dello Sprar di avviare questi tirocini formativi a costo zero – precisa il direttore – utilizzando un’opportunità che la legge ci mette a disposizione. I ragazzi ci danno una mano svolgendo piccole mansioni. In un momento storico ostile, in cui le diversità culturali sono quotidianamente messe al bando da fatti di intolleranza e odio – conclude Greco – dare la possibilità a questi ragazzi di integrarsi sul territorio diventa un modo per restare umani».

Concetta Purrazza

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