«È il cane che si morde la coda: noi siamo in dissesto e non possiamo fare mutui ma non potendoli realizzare non possiamo demolire gli abusi edilizi». Il paradosso del Comune di Carini è tutto qui, nella formula scelta dal sindaco Giovì Monteleone per spiegare un primato di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Secondo il report sull’abusivismo registrato tra il 2009 e il 2017, e redatto dal dipartimento regionale dell’Urbanistica, è Carini la città in testa a questa speciale classifica per quel che riguarda il volume delle costruzioni abusive, con ben 138mila metri cubi di opere illecite. Mentre in generale il numero degli abusi accertati nel decennio preso in considerazione è di 518 casi, dato che in questo occasione porta Carini al secondo posto dietro un’irraggiungibile Palermo con 626 immobili abusivi accertati (il 12,17 per cento di quelli conteggiati).
«Carini è il Comune più limitrofo al capoluogo siciliano, ecco perché siamo primi – commenta il primo cittadino – Purtroppo Carini per tanti anni è stata la valvola di sfogo dei palermitani che volevano farsi la villetta a mare. C’è stato un uso sconsiderato del suolo, che naturalmente non condivido, e che ha portato a qualcosa come 178 lottizzazioni nel giro di 20 anni. Senza creare alcun servizio. Adesso dunque mentre da una parte si lavora per costruire in quelle zone cose essenziali come fognature, strade e metanizzazione, dall’altra il consiglio comunale comincia a bocciare qualche richiesta di nuova lottizzazione. Infine bisogna considerare che in 20 anni Carini ha raddoppiato gli abitanti, e d’estate qui si arriva a sfiorare le 100mila persone».
Quel che è certo è che il caso di Carini non è un unicuum. Consultando i dati regionali si apprende che nell’Isola sono stati conteggiati 26.674 casi di abusivismo edilizio, e di questi 4.927 sono quelli che riguardano la provincia di Palermo, vale a dire il 18 per cento degli immobili registrati. Dopo Carini e Palermo, poi, al terzo posto per quel che riguarda gli illeciti edilizi c’è la discussa Bagheria (dove i 5stelle hanno più volte parlato di «abusivismo di necessità») con 473 casi. Ma non solo zone di mare, come si potrebbe credere: Monreale è infatti al quarto posto (230), poi Cefalù (190) e a seguire, in questa brutta top10, Partinico, Misilmeri, Altofonte, Cinisi e Trabia. Il Comune più virtuoso, tra gli 81 dell’area metropolitana di Palermo, è invece Scillato che non conta neanche un illecito abusivo. Un segnale positivo, dunque. Che risalta ancora di più se messo a confronto col poco lusinghiero titolo di capitale dell’abusivismo che continua a restare addossato a Carini.
«I dati però si fermano al 2017 – osserva Monteleone – Negli ultimi anni le informative di polizia municipale riguardo l’abusivismo edilizio sono pochissime: nel 2018 sono appena 16 casi, e spesso non riguardano singoli immobili ma al massimo abusivismo di pertinenza, come ad esempio verande; e nel primo semestre del 2019 ci sono stati sette casi. Vantiamo poi una fortissima azione repressiva: dal 2015 fino al 31 dicembre 2018 abbiamo emanato 232 ordinanze di demolizione, 27 ordinanze di acquisizione, 56 ordinanze di sgombero. Carini insomma è un paese che demolisce gli abusi edilizi: alcuni sono stati eseguiti dagli stessi proprietari, 14 sono stati eseguiti dal Comune. Il problema è che siamo lasciati soli».
Dopo la tragedia di Casteldaccia dello scorso novembre – in cui un’intera famiglia fu sorpresa dall’esondazione del fiume Milicia all’interno di una villetta abusiva – sembrava che finalmente i tanti enti coinvolti nella prevenzione e nella repressione del fenomeno dell’abusivismo edilizio volessero marciare di pari passo. Invece, secondo la ricostruzione di Monteleone, questo è rimasto finora un auspicio. «Affidare soltanto alla polizia municipale l’onere dell’intervento preventivo e repressivo mi pare molto limitante – dice ancora il sindaco di Carini – Bisognerebbe invece che tutti gli organi preposti alla tutela del paesaggio lavorino in sinergia. Va molto a rilento soprattutto la fase procedurale, perché il Tar spesso concede le sospensive alle demolizioni. Ci sono anche le Soprintendenze che a volte rilasciano nulla osta anche a costruzioni che superano il limite dei 150 metri dal mare o a ridosso dell’autostrada. Il metro insomma non è uguale per tutti. Noi avremmo potuto demolire di più, certamente. Ma abbiamo voluto dare dei segnali, anche perché a disposizione abbiamo appena 50mila euro l’anno e comunque abbiamo eseguito una ventina di demolizioni. Molto prima dei fatti di Casteldaccia, inoltre, abbiamo demolito delle abitazioni sul torrente Milioti, dando la priorità sia alla fascia costiera che alle zone di rispetto idrogeologico. Abbiamo poi demolito anche un ecomostro in pieno centro storico».
Non sempre però tutti i sindaci si assumono la responsabilità delle demolizioni delle villette abusive, perché dal punto di vista elettorale una scelta del genere si paga (come ha dimostrato il caso dell’ex sindaco di Licata Angelo Cambiano). «Non è il mio caso – ribadisce Monteleone – e basta andare a vedere sul sito del Comune la sfilza di ordinanze di demolizione e acquisizione che ho attuato durante il mio mandato. Ho costituito inoltre un’unità specifica sul tema. Qualcosa sta cambiando ma mancano i mezzi. Nel frattempo abbiamo realizzato un bando, che scade tra pochi giorni, che dà ai privati una concessione di 10 anni della spiaggia comunale in modo che siano loro a occuparsi della pulizia di quelle zone che spesso sono a ridosso delle costruzioni abusive, poi demolite. I costi della bonifica per noi, come ente pubblico, sono molto alti perché riguardano ad esempio smaltimento di amianto e di rifiuti. È un modo per salvare capra e cavoli».
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