Va avanti il processo con rito abbreviato a carico di Giuseppe Rugolo, il sacerdote 40enne di Enna arrestato il 27 aprile scorso a Ferrara (in Emilia Romagna, dove in seminario si trova ai domiciliari) con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori. Quello che era stato definito da molti «il prete dei giovani» per le sue attività anche in oratorio, come sempre, oggi era assente nell’aula del tribunale ennese. Presente il ragazzo vittima – accompagnato dal padre e dalla sua avvocata Eleanna Parasiliti Molica – dalla cui denuncia erano partite le indagini. Nel corso dell’udienza, sono state rigettate le eccezioni che erano state presentate dai difensori di Rugolo, Denis Lovison e Antonino Lizio. Così sono state ammesse tutte le prove documentali del pubblico ministero e dei legali di parte civile.
Questa mattina è stato anche conferito l’incarico ai periti per la trascrizione delle intercettazioni. Di particolare importanza sono le conversazioni registrate tra l’imputato e altri esponenti del clero tra cui anche il vescovo della diocesi di Piazza Armerina Rosario Gisana. Dialoghi, che sono stati prodotti in fase di indagine, in cui il vescovo ammetterebbe di essere a conoscenza della vicenda. E non solo: si tratta di uno dei colloqui in cui, stando a quanto denunciato dai genitori della vittima, «la diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Il vescovo – che era stato sentito in procura come persona informata sui fatti – a queste accuse ha risposto sostenendo che, invece, proprio dai genitori sarebbe arrivata una richiesta di denaro.
Intanto, Rete l’Abuso – un’associazione nazionale che si occupa di vittime degli abusi sessuali del clero e che è stata ammessa come parte civile nel processo – ha presentato un’istanza all’Onu sul caso che, insieme ad altre vicende italiane, entrerà a fare parte di un dossier con testimonianze di una serie di violazioni dei diritti umani. Oltre alla vittima da cui sono partite le indagini, oggi 28enne ma che all’epoca dei fatti era minorenne, ci saranno anche le storie delle altre due vittime venute fuori in seguito.
Anche loro saranno sentiti come testimoni nel processo in cui la diocesi di Piazza Armerina resta come responsabile civile (chiamata, quindi, a risarcire il danno) mentre non è stata accolta la costituzione di parte civile che era stata avanzata. Intanto, è già stata fissata anche la data della prossima udienza (il 10 marzo) durante la quale saranno ascoltati gli ufficiali di polizia che hanno condotto le indagini. Tra loro anche il capo della squadra mobile dell’epoca il cui ruolo era stato decisivo per l’inchiesta.
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