Cerchi lavoro? Noi sappiamo come fregarti. Dovrebbe essere questo lo slogan di molti siti internet che pubblicano annunci per la ricerca di lavoro. Grazie ai vari disclaimer reperibili più o meno facilmente all’interno del sito lo stesso si solleva da qualsiasi responsabilità sul contenuto degli annunci, sulla decenza della proposta pubblicata o sull’affidabilità dell’inserzionista. E con tanta pazienza ed un pizzico di rassegnata ironia, si potrà capire parecchio sul mondo del (non)lavoro, addentrandosi nella selva selvaggia degli incarichi non retribuiti mascherati da speranze di gloria e testando con mano la presunta furbizia di molti datori di lavoro.
Ho iniziato a cercare un’occupazione subito dopo la laurea e, non avendo i «contatti giusti» né santi in paradiso, e vivendo in una città grande e dispersiva come Milano, mi sono affidata a parecchi siti che si occupano della pubblicazione di annunci di lavoro: Infojobs, Bianco lavoro, Lavori creativi, Trovit, Bakeka.it, Kijiji, Jobrapido solo per nominarne alcuni. Il meccanismo è piuttosto semplice: si effettua una ricerca utilizzando alcune parole-chiave nel mio caso giornalismo, giornalista, webzine, redattore, Milano e si accede agli annunci. Per comodità si può attivare l’allerta, inserendo il proprio indirizzo e-mail e ricevendo periodicamente gli annunci contenenti le parole-chiave di proprio interesse direttamente nella propria casella di posta elettronica. In alcuni siti come nel caso di Infojobs è necessario prima registrarsi, compilare un form anche parecchio dettagliato che richiede la compilazione del curriculum e permette l’inserimento di dati specifici, come il reddito percepito. In altri è sufficiente cliccare, allegare il proprio curriculum con qualche riga di presentazione ed incrociare le dita.
Ogni giorno ricevo parecchie mail contenenti annunci di lavoro ed ogni giorno leggo vere e proprie proposte indecenti, maldestri tentativi di raggiro, inserzioni surreali, talmente tanti da aver maturato decisione di raccoglierli in una galleria di immagini su Facebook e prossimamente su un blog dedicato per poter almeno sorridere e condividere con i miei contatti telematici questo tipo di esperienza. Qualche esempio? «La collaborazione s’intende a titolo gratuito, ma permette l’ottenimento del tesserino. INVIATE IL VOSTRO CV!».
Con molta probabilità, la figura del pubblicista potrebbe venir declassata a causa della liberalizzazione delle professioni agognata dal Decreto di stabilità, ma fino a quando la legge sull’accesso all’elenco pubblicisti dell’Albo dei giornalisti resterà in vigore, la retribuzione sarà un vincolo imprescindibile al fine di ottenere un tesserino. Di annunci di questo tipo se ne trovano a decine: alcuni promettono «la massima visibilità», altri manifestano cordoglio e dispiacere, altri ancora parlano di «compenso simbolico», ma il succo del discorso rimane sempre quello, lavorare gratis. Sulla stessa lunghezza d’onda, le numerosissime offerte di «stage non retribuito».
Può capitare anche di leggere l’annuncio diramato da un fantomatico portale di informazione online che non esiste (in genere si tratta di annunci-trappola per aver accesso ai dati sensibili di chi invia ingenuamente il curriculum). Gettonatissima anche la formula «siamo no profit, quindi non vi paghiamo». Oppure può capitare di imbattersi in un’offerta di stage giornalistico in tele-lavoro, che è un po’ come dire «impara a nuotare nel deserto».
Esiste una possibilità di difesa per i poveri precari in cerca di lavoro? Non ancora: la maggior parte dei siti di annunci funziona come un semplice aggregatore e non vigila in effetti sul contenuto o sull’identità del mittente. Mai, nemmeno quando si paga per poter visionare un annuncio di lavoro: capita ad esempio anche su Infocity.it, che si propone di «aiutare gli addetti del settore nella ricerca di opportunità professionali, con contenuti attendibili, evitando perdite di tempo in un comparto dove le incertezze e le notizie poco affidabili sono frequenti. Gli annunci di Infocity dedicati al lavoro si legge sul sito sono notizie e informazioni cercate ed elaborate con cura e che possono fornire buone occasioni. Per questo sono a pagamento». Ma anche qui ci si può imbattere nell’immancabile disclaimer: «Infocity non si assume responsabilità per il contenuto degli annunci pubblicati».
E allora chi se le assume queste responsabilità? Se ne fanno carico gli utenti, denunciando e denigrando. Repubblica degli stagisti si impegna ormai da tempo su questo versante, mentre in questi giorni impazza l’hashtag #nofreejobs su Twitter, perché come dice il blogger Paolo Ratto «gratis non si lavora, si ozia».
Il sito Annuncicreativi.com dà anche occasione a chiunque voglia metterci la faccia di commentare tramite il proprio account Facebook un annuncio, dare il proprio feedback, a costo di esporsi ma almeno potendo riderci su. Chissà che non si avveri il motto «una risata vi seppellirà».
[Foto di courosa]
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