A18, frana Letojanni: lavori inadeguati e costi lievitati Barriera non bloccò il fango, pendolari in fila per ore

«Un’opera instabile». Così nelle pagine dell’ordinanza del gip Eugenio Fiorentino viene definito l’intervento di messa in sicurezza del costone della collina lungo la A18 all’altezza dell’abitato di Letojanni, interessato dalla frana del 5 ottobre 2015, quando tonnellate di terra si riversarono sulla carreggiata in direzione Catania rendendola non percorribile. Per consentire il transito sulla carreggiata in direzione Messina il Consorzio autostrade siciliane dispose dei lavori di somma urgenza realizzando però un’opera che alla luce delle indagini è risultata non idonea a «garantire l’incolumità, esponendo a rischio e pericolo un numero di persone indeterminabile». 

A provare sulla loro pelle che gli interventi tampone effettuati lungo il costone franato non fossero adeguati sono stati per primi gli automobilisti che il 25 novembre 2016 si sono ritrovati in fila per ore lungo l’autostrada Messina-Catania in una giornata di forte del maltempo. L’A18 rimase bloccata a causa delle colate di fango scese dalla frana che superarono la barriera tra le due carreggiate, posta proprio per contenere il movimento franoso. Una situazione che richiese l’intervento dei tecnici dell’Anas che verificarono la presenza di rischi di nuovi cedimenti sulla collina. Oggi si scopre che tutti quei disagi non furono una semplice conseguenza di alcune ore di pioggia, ma di lavori svolti in maniera non adeguata.

C’è anche questo tra i motivi che hanno spinto il gip a sospendere per 12 mesi dall’esercizio del pubblico ufficio il direttore generale del Cas Salvatore Pirrone e il dirigente dell’area tecnica Gaspare Sceusa. Entrambi erano già indagati, sempre in relazione alla stessa frana, dalla Procura di Messina, insieme ad altre otto persone, con l’accusa di disastro ambientale. Ieri il giudice ha stabilito anche il provvedimento di divieto di esercitare l’attività di impresa, per otto mesi, per l’imprenditore di Piedimonte Etneo Francesco Musumeci, la cui ditta ha realizzato i lavori di somma urgenza per un importo di 500mila euro più Iva. 

Ma come l’indagine svela, nulla è stato fatto a regola d’arte. E il pericolo di crollo persiste anche oggi, a causa di mancati calcoli geotecnici e la mancata verifica della stabilità interna ed esterna della struttura che è stata posta a sostegno della parete della montagna. Nell’ordinanza il gip evidenzia che «l’inadeguatezza della rete» era il motivo dei pesanti disagi in autostrada il 25 novembre 2016, con lo sfondamento della protezione e il «colamento di materiale sciolto misto a detriti e rotolamento a valle di blocchi di diversa pezzatura» che finivano sulla corsia destinata alla circolazione. Circostanza questa che viene certificata dal genio civile il 6 dicembre del 2016. 

L’indagine svela poi che il progetto, «redatto contro ogni disposizione di legge da professionisti incaricati dell’impresa affidataria», ha privilegiato la scelta di lavorazioni non ordinarie. L’intera gestione dell’appalto da parte di dirigenti del Cas «è stata in più occasioni inadempiente», sottolinea il gip. Negli stati di avanzamento redatti dal direttore dei lavori, «si sono riscontrati errori e omissioni» che avrebbero garantito all’impresa somme maggiori rispetto a quelle che le sarebbero spettate. E poi ancora evidenzia che all’impresa Musumeci che ha ultimato i lavori con un ritardo di 65 giorni sul tempo contrattuale nessuno, direttore del lavori, rup, dirigente aria tecnica e di servizio, estensore degli atti di liquidazione, ha comminato la penale prevista di 32.500 euro. 

Il gip Fiorentino ritiene che tanto Pirrone quanto Sceusa abbiano omesso di esercitare qualsivoglia tipo di controllo, tanto sull’esecuzione delle opere, quanto sul corrispettivo da versare all’impresa, permettendo un’ingiustificata lievitazione dei costi dell’opera, senza pertanto impedire che la realizzazione dei lavori venisse eseguita in maniera inadeguata. Come poi purtroppo i fatti hanno confermato.

Simona Arena

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