Frana sulla A18, dieci indagati e sequestro della collina Procura: «Ancora oggi sversamenti abusivi sul costone»

Tredici mesi dopo la frana che ha paralizzato la A18 Messina-Catania, sono dieci gli indagati dell’inchiesta aperta dalla Procura di Messina. Si tratta di sei tra amministratori e proprietari di un complesso alberghiero e di alcune case estive in contrada Silemi alta, in cima alla collina franata; due dirigenti del Consorzio autostrade siciliane; il sindaco di Letojanni Alessandro Costa e il capo dell’ufficio tecnico Carmelo Campailla. Tutto il costone è stato sequestrato. 

Al centro delle contestazioni la mancata realizzazione dei lavori per la regimentazione delle acque bianche e lo sversamento nel pendio franato sull’autostrada. È questa l’accusa che viene avanzata ai proprietari e agli amministratori delle case e dell’albergo costruito in cima al costone. Ai due dirigenti del Cas viene contestato di aver omesso di predisporre interventi per preservare la sicurezza delle corsie autostradali. Mentre il sindaco e il capo ufficio tecnico di Letojanni sono accusati di aver approvato il progetto di messa in sicurezza di contrada Sillemi senza i nulla osta da parte degli organi tecnici. 

La Procura, sulla scorta di una consulenza tecnica, ha disposto anche il sequestro di una serie di abitazioni già all’epoca sgomberate, di altre palazzine e di tutto il costone. «Da un sopralluogo aereo – spiega la procuratrice aggiunta di Messina Giovannella Scaminaci – è emerso che non solo non è stato messo in sicurezza il costone, ma che gli sversamenti continuano, abbiamo quindi proceduto per disastro ambientale». 

Come accertato in questi mesi di indagine, «quello smottamento fu frutto di una serie di omissioni da parte di chi era tenuto a realizzare gli interventi già indicati nel Piano di assetto idrogeologico nel 2013, dato il rischio e la pericolosità della zona, qualificata come area caratterizzata da dissesti conseguenti ad erosione accelerata». A peggiorare la situazione è stata la speculazione edilizia su quella porzione di terreno che si trova sulla sommità della collina franata. Che è stato oggetto, tra gli anni 70 e 80, di un vero e proprio sbancamento finalizzato alla realizzazione di insediamenti urbanistici, alcuni dei quali sul pendio che sovrasta l’autostrada Messina-Catania, caratterizzato da una pendenza del 75 per cento. 

«Tuttavia – continuano i magistrati – né il Comune di Letojanni né i proprietari dei luoghi hanno predisposto quegli interventi necessari che, se realizzati, avrebbero evitato il disastro». Per quanto riguarda il Consorzio autostrade siciliane, la Procura sottolinea che «è responsabile perché, nel realizzare il muro di contenimento del materiale terroso che nel tempo più volte aveva ceduto, non aveva posto in essere alcun accorgimento per mettere in sicurezza l’area». 

«Mi sento un capro espiatorio – è il primo commento del sindaco Costa -. Abbiamo 14 milioni di euro di interventi in quella zona. Non possono dirci di esserci disinteressati. Ma gli anni che vengono presi in considerazione, anche negli avvisi di garanzia, sono il 2009 e il 2011 quando io non ero sindaco. Si parla di sbancamenti degli anni ’70 e ’80. Anche il progetto di messa in sicurezza che abbiamo approvato con l’ufficio tecnico del Comune e che ci viene contestato dalla Procura lo abbiamo approvato con le prescrizioni previste dal Genio civile. Mi difenderò perché nessuno può credere che io sia colpevole. Sono solo un capro espiatorio e così non si può più fare politica». A ottobre dello scorso anno la frana rovesciò sull’autostrada circa tremila metri cubi di materiale terroso e di massi. Solo per un caso fortuito non si registrarono feriti. Ancora oggi la carreggiata è chiusa, l’inizio dei lavori è previsto per gennaio. 


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