431, il girone dell’inferno

Catania – “Avi cchiu ri menz’ura c’aspettu!”. Comincia borbottando l’odissea di Nicola, un anziano signore coi baffi, alto e asciutto, con la coppola e un lungo cappotto marrone. E’ un’attesa snervante la sua. Il 431 sembra davvero non arrivare mai. Agita il bastone a destra e a sinistra tra le mani incartapecorite dal tempo, guarda ripetutamente l’orologio, farfuglia qualcosa e, rassegnato, continua ad aspettare. Scruta costantemente con gli occhietti scuri la strada, quasi come se guardando potesse accorciare l’attesa.

Il signor Nicola, con la sua aria appesantita, ma comunque sorridente, è un passeggero abituale di questa linea e sa che a volte capita di dover aspettare anche un’ora prima di poter salire sul mezzo. In piedi, sotto la pioggia o il sole che picchia. Oggi deve necessariamente andare all’ospedale Garibaldi per ritirare delle analisi e teme di non arrivare in tempo. L’attesa lo innervosisce e lo stanca: mancano le pensiline provviste di sedili ed è costretto a stare in piedi. Siederà sull’autobus, spera. Finalmente dopo altri dieci minuti buoni l’autobus, tossicchiando e arrancando a fatica nel traffico, arriva. E’ pieno, Nicola sale i tre insormontabili scalini della vecchia autovettura armeggiando col bastone, viene aiutato da un altro signore, siede nel posto che gli cede una giovane studentessa universitaria fuori sede con zaino in spalla e valigia. In fondo un gruppo di stranieri ride e scherza animatamente, più di uno studente litiga con la valigia che scivola ad ogni fermata e tanti anziani discutono e si lamentano del servizio.

“Questo autobus è assurdo. Per portarmi dalla stazione a casa, nella zona di via Gabriele D’annunzio, ci mette più di quanto impiego col pullman per venire dal mio paese” dice Grazia che studia Giurisprudenza da due anni e conosce bene la linea 431. “N’arrinesciu a capiri com’è ca ‘sta linia c’iavi autubus ddo dui, vecchi e sgangarati, ranni comu carrarmati, senza seggie, e sparti ca nun ci si po’ cchianari! Comu avissumu a ‘ffari nuautri vecchi?”. La domanda di Nicola rimane senza risposta, ma riceve l’approvazione di molti sull’autobus. “Ha ragione. E’ vecchia e sporca!” conferma Lucia, un’altra anziana che siede come una chioccia circondata dalle sue tante buste con la spesa.

Cicche e carte per terra, gomme attaccate ai finestrini, scritte sui sedili. Intanto l’autista a fatica si dimena nella confusione. Via Dusmet, Via C.Colombo, via Plebiscito. Qui la corsa rallenta vistosamente. L’autobus è ingoiato dal rumore dei clacson, dal vociare dei commercianti, dagli odori di carciofi e della carne alla brace che si mischiano ai gas di scarico. Procede quasi a passo d’uomo. Macchine posteggiate in secondo o tripla fila, abbandonate in mezzo alla carreggiata. I motorini che sfrecciano contromano nella corsia opposta sono guidati per lo più da ragazzini, rigorosamente senza casco. I pedoni attraversano senza guardare. E’ una giungla in cui si vede di tutto tranne un vigile che regoli il traffico, tanto che l’autista è costretto ad un certo punto, quasi all’altezza del castello Ursino, a scendere dal mezzo per far spostare alcune macchine e poter quindi proseguire il suo percorso. Alla fermata successiva Lucia tenta di scendere, visibilmente impacciata dalla sua mole e le numerose buste. L’autista fa per partire, ma un coro di “Aspettassi, aspettassi!” lo ferma, sino a che Lucia non riesce a traslocare anche l’ultima busta.

“Via Plebiscito è abbannunata” ricomincia a lamentarsi Nicola, con il suo accento catanese fortemente marcato. “Nun ci pensa nuddu. Scapagnini s’antaressa sulu da via Etnea ppi fari bella fuura che turisti”. Ma Nicola non è il solo a parlare. Tanti si lamentano, altri si limitano a distribuire assensi e sguardi di complicità. La circolazione lentamente riparte, ma l’autobus rimane imbottigliato ancora due o tre volte, poi finalmente raggiunge via Lago di Nicito e torna ad accelerare. In pochissimo siamo in Piazza Santa Maria di Gesù. Nicola completamente snervato dalla sua odissea scende. E’ passata più di un’ora.

La linea 431 si divide in “rossa” e “nera” disponendo di cinque autovetture per ciascuna corsa: la “nera” percorre 9 chilometri e 700 metri e la “rossa”  qualcosa in più, circa 10 chilometri e 300 metri. Partono entrambe dalla Stazione C.le. La “nera” prosegue per via 6 Aprile, via Vittorio Emanuele, via Porticello, via Dusmet, via C. Colombo, via Plebiscito, via Lago di Nicito, Piazza Santa Maria di Gesù, via Cifali, via C. Beccaria, via C. Vivante, via Ficarazzi, Piazza V. Lanza, via G. Macchi, via C. Beccaria, via Ala, Largo Taormina, via Milo, via Orto dei Limoni, via Filocomo, Piazza Cavour, via Fondaco, via Monserrato, via G. D’Annunzio, Viale Vitt. Veneto, Viale Libertà e ritorna alla Stazione C.le. La “rossa” compie lo stesso tragitto, ma in direzione opposta. Il tempo di percorrenza teorico previsto è di 15 minuti, un tempo ridottissimo e “ridicolo” se lo si confronta con quelli effettivi che si aggirano in media intorno all’ora, l’ora e mezza nelle ore di traffico intenso.

“Questa tratta è particolarmente sfortunata non solo per i passeggeri, ma anche per noi autisti” ci racconta uno di loro che preferisce non far sapere il suo nome. “E’ il mio turno peggiore. Siamo costantemente a contatto con enormi  problematiche di spostamento nel traffico, con le continue e martellanti lamentele degli utenti e soprattutto siamo spesso bersaglio di atti di vandalismo e violenza come dimostra la cronaca degli ultimi giorni”. Autobus presi di mira da bande che si appostano dietro alcune colline o cavalcavia e scaricano sui mezzi pubblici pietre ferendo, il più delle volte, autisti e passeggeri. Episodi che hanno costretto la presidenza dell’Amt a sospendere per alcune sere i capolinea dei quartieri più a rischio. “Il problema della linea 431 è che si tratta di una circolare che deve necessariamente attraversare il cuore della città per un’esigenza dell’utenza”, ci spiega la dottoressa Valeria Abramo, responsabile dell’Ufficio Stampa dell’AMT. “Nonostante le nostre segnalazioni e continue sollecitazioni al servizio di polizia municipale la situazione rimane la stessa. E non si tratta di una carenza di servizio da parte dei vigili, ma di una realtà di disagio, di violenza e inciviltà difficilmente controllabile. E’ per questo che alla linea 431 vengono destinate le vetture più vecchie. Conoscendo la tipologia dell’utenza, spesso composta da ragazzi che prendono l’autobus per recarsi a scuola e si rendono responsabili di atti di vandalismo, si preferisce preservare le autovetture più nuove dotate di tecnologie avanzate, anche perché la loro manutenzione graverebbe maggiormente rispetto a quella necessaria per le vetture utilizzate. Inoltre è previsto un cambio di vetture secondo le fasce orarie e, quindi, in relazione all’utenza. A livello pratico sicuramente potrebbe essere importante tentare di regolamentare la realtà stradale con un Piano urbano del traffico, già in elaborazione al comune di Catania, ma quella che manca è la cultura del rispetto del bene pubblico, degli altri e conseguentemente di se stessi”.

Ma i problemi quotidiani rimangono lontani dal burocratismo e la formalità di una bella scrivania in legno. Si manifestano nelle spontanee lamentele di Nicola e degli altri utenti come lui, nei disagi a cui sono giornalmente esposti gli autisti, nello stress e nella difficoltà di portare a termine il proprio lavoro, nei perché che rimangono senza risposta. Ma anche in coloro che non accettano che la responsabilità del mal funzionamento di un servizio sia scaricata sui cittadini e non sulle istituzioni e i governanti che dovrebbero farsene carico, dando alla città funzionalità, pulizia, ordine, qualità delle prestazioni pubbliche e per primi l’esempio di quel senso civico che si richiede a una popolazione, spesso trattata alla stessa stregua di una massa di sudditi.

Antonia Cosentino

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