Wall-E, spazzino dallo sguardo sbilenco

Immaginiamo che a un certo punto l’umanità in blocco si trasferisca e, catapultata nelle vastità galattiche dell’universo, non pensi a un ritorno immediato. Non è difficile intuire le condizioni in cui abbandonerebbe il Pianeta Terra. Cumuli di immondizia, devastazione, sporcizia sarebbero il paesaggio normale.

In Wall-E, nuova attesa creatura Pixar, succede che l’umanità trasloca e lascia la Terra a un piccolo robot, efficiente operatore ecologico, che, con tutta la buona volontà, non ce la fa a smaltire le cataste di residui e di varie altre amenità degli umani. Wall-E è un robottino buono: della tecnologia ha preso i lati migliori e dagli umani, o da alcuni di essi, ha tratto un senso dello stupore, della sollecitudine al prossimo, della passionalità. Purtroppo soffre la solitudine; pure la sua generosità non ha beneficiari: è solo sulla Terra, a cercare di mondarla e disintossicarla; e l’impresa è ardua. Però lui è caparbio e ferraglia, materiali di risulta, plastica, calcinacci tutto “conferisce” nel suo piccolo valorizzatore interno facendone dei cubi da lasciare a marcire. Almeno Wall-E riduce i problemi di spazio. A chi poi questo spazio serva non si capisce, essendo l’umanità partita da un pezzo. Ma forse Wall-E è mosso dalla speranza e dall’ottimismo.

Succede infatti che una piccola furia cibernetica, dalla carenatura liscia e ammaliante, approdi sul Pianeta Terra. Ovvio che il simpatico protagonista perda la testa, o comunque si voglia chiamare l’insieme dei suoi chip mentali. Ne uscirà una bella coppia analogico-digitale?

La trama è questa e c’è molto altro, ma basta così, meglio non rivelare di più. La nuova creazione Pixar è una favola ecologista e dalla profonda valenza etica. Mette insieme citazionismi di varo tipo: assortiti rimandi chapliniani, “2001. Odissea nello spazio”, “Guerre stellari”, un po’ di “E.T.”, forse ha presente “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, addirittura “Hello Dolly” che diventa paradigma nostalgico di un mondo sereno e innocente.

Il regista Andrei Stanton combina buoni sentimenti, immagini mozzafiato – i disegni sono iper realistici -, ritmi ora frenetici, ora meditativi, divagazioni morali centrate su simbologie adatte a piccoli e grandi. Forse ci sono un po’ troppe cose e alla lunga la saga morale è declassata quasi a contorno di futurismo, azione, inseguimenti, collisioni. La narrazione qua e là si fa faticosa, non proprio ben oleata. Le scene veloci, nel classico stile vorticoso del cinema di consumo americano, sono un po’ troppe e inducono a qualche sbadiglio. Ma a Wall-E, spazzino dallo sguardo sbilenco, eppure molto più espressivo di tanti attori del genere umano, si perdona tutto.

Umberto Maffei

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