Vucciria, a che punto è la (lenta) riqualificazione Tra speranze e paure di un quartiere di plastica

«Miccichè in Vucciria? Questi sono gli effetti della riqualificazione di sinistra». Non è passato inosservato il presidente dell’Ars lo scorso 15 dicembre, quando a piazza Caracciolo ha inaugurato Ciwara, il primo locale di cultura africana. Qualche anno fa la presenza del noto politico palermitano nel più noto quartiere palermitano sarebbe stata impensabile. Oggi, invece, potrebbe diventare la norma. Almeno a sentire lui. Cosi’ alcuni avventori della Taverna Azzurra, lo storico locale del quartiere, hanno commentato l’arrivo del forzista siciliano tra una birra Forst e un bicchiere di zibibbo. L’episodio comunque racconta, meglio di tante analisi, il lento processo di riqualificazione della Vucciria, intrapreso tanti anni fa e al quale nell’ultimo anno e mezzo si è data una decisa accelerata. Tutti insieme, almeno a sentire la narrazione più diffusa: Comune, comitati, residenti. Ma è davvero così? Tra memorie storiche del quartiere e nuovi arrivi i pareri sono spesso discordanti. E restituiscono nel complesso un quadro variegato, dove le diverse anime tentano faticosamente di convivere tra fiducia e sospetti, incontri e scontri, prospettive e timori.

Uno degli aspetti più visibili è certamente la costante presenza di forze dell’ordine nel quartiere da circa un anno: impensabile anche questo fino a poco tempo fa, eppure è avvenuto. «Dalle 19 in poi sono tutti qui, polizia, carabinieri e guardia di finanza» racconta Mimmo Minà, storico panellaro della zona (lui da 40 anni, la famiglia dal 1935) che col suo duro lavoro di ogni giorno è riuscito a mandare due figlie all’università. «Si vive in uno stadio d’assedio permanente. Dicono che da altre parti è così, ma non è vero. A Barcellona per esempio, dove sono stato, le forze dell’ordine sono all’inizio e alla fine della Rambla. E stop. Io temo che tutto questo sia funzionale per sfruttare il brand Vucciria. Vogliono un quartiere finto, plastificato, ad uso e consumo dei turisti. Ma questo è un quartiere vivo, non può essere solo composto da medici e architetti. Ci vuole pure l’anima popolare».

E se ai commercianti la costante presenza delle forze dell’ordine dà fastidio per i continui controlli è invece salutata con piacere da tanti residenti, che in questo modo hanno potuto riprendere a dormire e non dover più subire i rave all’aperto di piazza Garraffello. Come è avvenuto ad esempio con l’associazione La Loggia Fa Vuccirianata da una costola del Comitato Vucciria. Una separazione, quella tra i due gruppi, che è stata metabolizzata – almeno nelle dichiarazioni ufficiali – senza particolari strascichi. Ora ciascuno può riprendere appieno i propri progetti. «Con noi è aumentato il dialogo con gli abitanti – dice Giulia Di Martino, del Comitato Vucciria – Certo, la Vucciria non è Ballarò e qui per esempio non si parla neanche di alloggi popolari ma solo di nuove residenze per nuovi abitanti, visto che ci abitano al momento in pochi. Ma abbiamo avviato dei buoni percorsi sulla raccolta differenziata, si lavora al regolamento unico dei mercati e a una serie di emendamenti proposti dagli stessi mercatari, si pensa a pedonalizzare il mercato, abbiamo fatto belle passeggiate psicogeografiche con i ragazzi del quartiere per far prendere loro coscienza dei posti che vivono».

Per un quartiere che cambia, ce n’è poi uno che resiste. E un altro che si adegua – o asseconda, da un altro punto di vista – al cambiamento in atto. Lo storico purparo al centro di piazza Caracciolo, ad esempio, dopo decenni di attività all’aperto ha aperto una vera e propria attività commerciale, con tanto di regolari scontrini. Mentre i fratelli Sutera – insieme a un gruppo di imprenditori della zona – hanno acquistato il palazzo sopra la Taverna Azzurra, per realizzare entro l’anno un ostello per i giovani: i lavori partiranno a breve e dovrebbero concludersi entro l’anno, assicura il signor Totò Sutera, che gestisce i locali di giorno mentre di sera se ne occupano i figli Piero e Michele. La Discesa dei Maccheronai, insomma, che da via Roma conduce nel cuore della Vucciria continua a popolarsi di attività commerciali. L’ultima in ordine di tempo (inaugurata il 27 dicembre) è proprio la Taverna Azzurra Food. Resta il rammarico per un mercato che continua a essere paradossalmente l’elemento più debole della Vucciria dopo esserne stato per secoli l’anima. «I motivi sono tanti – sospira Sutera -: non ci sono più parcheggi in zona, hanno tolto gli uffici di via Paternostro e hanno trasferito le sedi bancarie della zona, hanno fatto aprire in compenso i grandi supermercati qui vicino e la gente preferisce andare lì. Belle tutte queste attività che aprono, per carità, ma nessuna riguarda più i generi alimentari. Come se la gente non dovesse più mangiare in casa, ma solo fuori, come fanno i turisti. Ma, se io sono un residente, dove me lo compro l’occorrente per un piatto di pasta?».

Il celebre quadro di Renato Guttuso, insomma, è da tempo solo folklore. E la nostalgia, da sola, non basterà a riportarlo in vita. D’altra parte i fautori della riqualificazione sostengono da tempo che la natura del mercato della Vucciria è sempre stata ibrida, che il mercato di generi alimentari è stata solo una fase, già in difficoltà all’epoca del quadro. Così non deve sorprendere se a pochi passi dalle bancarelle, esattamente in via Argenteria che collega piazza Caracciolo a piazza Garraffello, è sorta la prima bottega artigiana di Alab. Inaugurata l’8 febbraio, bucciria (dall’antico nome carolingio di bougerie) potrebbe essere il primo tassello di un’ulteriore trasformazione. «Il modello è ad esempio quello di piazza D’Aragona – spiega Daniela Evola, ceramista raku che ha aperto la propria attività insieme a Paolo Caravello e Francesco Bagliesi -, dove la presenza degli artigiani ha fatto ottenere l’isola pedonale, oltre alle varie attività e feste per il quartiere. Essere zona di transito della movida non ci dà fastidio, anche perché gli orari non coincidono. Quando anche questi palazzi sopra la nostra attività saranno restaurati, qui sarà tutta un’altra cosa»

E sorride anche Pietro Muratorefondatore dell’Associazione Liberi Artisti e Artigiani. «Siamo partner della ristrutturazione dei palazzi di piazza Garraffello, in uno dei quali c’era Uwe per capirci – dice -. Gli stessi negozianti e mercatari invocano la nostra presenza. Le botteghe piacciono ai residenti, noi non portiamo problemi ma li risolviamo. La nostra presenza aumenta anche il consumo, perché attiriamo residenti e turisti. È per questo che siamo benvoluti anche dai proprietari degli immobili. Conosciamo il territorio e non vogliamo seccature: siamo determinati su questo, non pagheremo mai il pizzo. La nostra forza è che reagiamo come gruppo, non lasciamo da soli gli artigiani, ma è importante lavorare sui luoghi cosiddetti difficili. Forse è per questo che non abbiamo riscontrato difficoltà o resistenze, sempre più persone vogliono un territorio più sano, almeno chi lavora per bene».

Andrea Turco

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