Si è dichiarato estraneo ai fatti contestati. Così Salvino Caputo, commissario di Noi con Salvini a Palermo, davanti alla gip del tribunale di Termini Imerese Stefania Gallì, che ieri lo ha interrogato per due ore. Il politico, a cui sono contestati i reati di voto di scambio e di attentato contro i diritti politici del cittadino, ha risposto a tutte le domande, respingendo in toto le accuse contestate. «Ha escluso in modo assoluto il coinvolgimento di leader regionali e nazionali della Lega», riferisce l’avvocato Francesca Fucaloro, che lo rappresenta insieme al collega Raffaele Bonsignore. Salvino Caputo «ha totalmente escluso il coinvolgimento di terze persone».
Tiene fuori, quindi, anche Alessandro Pagano e Angelo Attaguile, vertici del partito di Salvini in Sicilia, per i quali la procura di Termini ha aperto un fascicolo a parte e li accusa di aver suggerito e avallato quello che secondo i pubblici ministeri sarebbe stato un vero e proprio raggiro nei confronti degli elettori: presentare il candidato Mario Caputo inducendo i cittadini a credere che a candidarsi fosse invece il fratello, più noto da un punto di vista politico. «Non c’era nessun contatto con alcun leader nazionale, nessun interessamento diretto da parte loro su questa vicenda – ribadisce l’avvocato Fucaloro -, era una campagna normale come tutte le altre e si è svolta nelle normali prassi delle campagne elettorali».
E proprio sulla spinosa questione dei manifesti e fac-simile per invitare la gente al voto, secondo i pm Annadomenica Gallucci e Ambrogio Cartosio costruiti con modalità ingannevoli e illecite, l’ex sindaco di Monreale ed ex parlamentare regionale avrebbe risposto senza indugio: «I manifesti sono a nome del candidato Mario Caputo – spiega ancora l’avvocato -, infatti sono stati presentati documenti con video e foto dei comizi fatti anche a Termini Imerese dove Salvino Caputo presentava il candidato Mario Caputo. E poi ci sono i documenti pubblici con l’invito a votare per il fratello Mario, tutto nella normale prassi della campagna elettorale».
Tutto nella norma, secondo difesa e accusato, che in pratica avrebbe solo sfruttato la propria popolarità politica per appoggiare il fratello nella corsa alle elezioni regionali dello scorso 5 novembre. Diversa l’interpretazione dell’accusa: Salvatore Caputo, incandidabile per effetto della legge Severino, avrebbe fatto in modo di indurre gli elettori a credere di essere lui il candidato all’Ars, con dei manifesti in cui a campeggiare in bella mostra era solo il cognome «Caputo», e in una parte più defilata il nome del fratello Mario accompagnato dalla dicitura «detto Salvino», nome riconducibile però al più noto Salvatore. Intanto, la difesa ha presentato istanza di riesame e resta in attesa che il tribunale della libertà stabilisca una data per l’udienza.
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