Viva l’Europa del si salvi chi può!

“Ce lo chiede l’Europa. Ce lo dice l’Europa. Ce lo impone l’Europa”.
E’ la tiritera che da tempo sentiamo ovunque, detta da chiunque, allorché c’è qualcosa che non va nell’economia italiana. Come se questa Europa (che poi, nella fattispecie, è un’espressione politico-economica che identifica essenzialmente la Commissione e la Banca Europea) fosse il guardiano irreprensibile, senza macchia e senza paura, di un ordine divino sacro e definitivo cui ciascuno con deferenza deve inchinarsi.
A ben guardare però qualcosa non quadra del tutto in questo ritratto. Nel suo report del marzo 1999 Il Comitato di esperti che indaga sui “Presunti casi di frode, cattiva gestione e Nepotismo nella Commissione europea”, segnala, nelle conclusioni finali di questo documento, con una certa tristezza, quanto “sta diventando difficile trovare qualcuno che abbia anche il minimo senso di responsabilità” tra le gerarchie dei funzionari comunitari. Qualcuno ricorderà che quel report portò alle dimissioni dell’intera Commissione Santer di cui faceva parte Mario Monti, oggi capo del governo italiano.
Qualcuno ricorderà inoltre di come, qualche anno fa, l’Irlanda era considerata una specie di locomotiva dell’Europa, con i suoi tassi di crescita prossimi alle due cifre (perfino Apple ci costruiva i suoi primi iMac) e ricorderà anche le schermaglie tra Italia e Spagna su chi dovesse intestarsi il titolo di settima potenza economica mondiale. E molti ricorderanno con quale entusiasmo venne salutato l’euro allorchè si diceva che la nostra economia ne avrebbe beneficiato infinitamente, che avremmo pagato meno i mutui, le merci, i servizi eccetera, eccetera.
A qualche anno da questi fatti ci ritroviamo con notizie che ci dicono che è pronto un piano di salvataggio dell’euro da parte delle maggiori Banche mondiali (il che vuol dire che il miracolistico euro è mezzo morto). Con un impoverimento generalizzato che ha visto le famiglie ridursi il reddito di quasi il 50 percento (tutti hanno presente che il cambio reale tra euro e lira è stato di 1 euro uguale a 1000 lire, con pizze, tanto per fare un esempio, passate dalle 5000 lire ai 5 euro nel giro di ventiquattr’ore) con la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia e ora l’Italia stessa sull’orlo del tracollo finanziario e, infine, con una Commissione europea che ripete a pappagallo che occorrono rigore, riforme e sacrifici.

Ora viene da chiedersi: ma possibile che questa macchina meravigliosa di coesione, economia florida e “tutto va bene madama la marchesa” sia improvvisamente implosa sotto la pressione di una crisi finanziaria il cui epicentro è Wall Street? Deve per forza esserci qualcosa che non va.
Per esempio, dovremmo cominciare a dubitare che i favolosi Fondi europei siano stati un reale strumento di coesione economica e di sviluppo, visto che la Spagna o l’Irlanda, che sono stati tra i più attivi Paesi che ne hanno beneficiato, sono quasi in bancarotta e hanno economie debolissime. Oppure dovremmo cominciare a pensare che la mastodontica mole di regolamenti e direttive comunitarie che da decenni invadono i vari Paesi membri e che regolano nel dettaglio tutta la nostra economia (ma non solo) creino qualche strozzatura che rende la vita difficile agli stessi sistemi economici.
Soltanto in Italia, al marzo 2008, erano ben 2652 solo le Direttive comunitarie adottate (cioè diventate leggi dello Stato) e un numero imprecisato sono i Regolamenti. Alcuni di questi davvero umoristici, come quello che per garantire la “trasparenza sul mercato mondiale” impone che i baccelli dei piselli debbono “essere pieni e contenere almeno cinque semi” (Reg. 2561/1999, esempio ripreso polemicamente dall’ex ministro Giulio Tremonti in un suo libro di qualche anno fa, Rischi Fatali).
Dovremmo chiederci se un’Europa, felicemente condotta a ben 27 Paesi dalla Commissione Prodi, abbia meccanismi decisionali tempestivi ed adeguati al momento che viviamo. O se invece la farraginosità delle proprie procedure unita ad una tale pletora di Paesi con diritto di veto (tra cui Malta con una popolazione di 400 mila abitanti, cioè a malapena quella di Catania) sia totalmente inadeguata.
O, meglio ancora, dovremmo cominciare a chiederci se questi economisti che hanno messo su l’euro, la Banca europea e tutto il resto, visti i risultati, siano davvero in grado di dare ricette, suggerire proposte o addirittura imporre misure.
E’ da due anni che l’”Europa” cerca di non fare smottare la diga Grecia: piani di finaziamento europeo accompagnati da contromisure draconiane (migliaia di licenziamenti nella pubblica amministrazione, riduzione delle pensioni, riduzione dei salari, privatizzazioni di massa e vendite del patrimonio immobiliare dello Stato). Eppure la Grecia non accenna a smettere di scricchiolare. Anzi, il “si salvi chi può” pare lo slogan più in voga.
Sono mesi che la cancelliera Merkel e il tribuno Sarkozy si vedono un giorno sì e l’altro pure per decidere sul da farsi (ogni tanto pure permettendosi di fare sorrisetti sarcastici su altri capi di Stato), non cavando un ragno dal buco. Parlano di Tobin Tax, di regolamentazione dei mercati e della speculazione, di Eurobond e i risultati sono sempre gli stessi: il nulla.
Intanto la Francia comincia ad essere guardata male dalle Agenzie di rating e la Germania, i cui titoli di Stato tanto ci fanno sognare, all’ultima asta di una settimana si è ritrovata con la metà dei suoi titoli invenduti.In compenso, l’Europa manda lettere all’Italia, fa 39 domande e, notizia di questi giorni, invia un dossier in cui ci “impone” una manovra di almeno 11 miliardi di euro, modifiche all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e innalzamento dell’età pensionabile. Opperbacco, che fantasia.

Ora, non è che si vuole essere per forza disfattisti, ma qualche dubbio comincia ad insinuarsi: non è che, per caso, questa famosa Europa non sia, ‘lei’ e non altri, così com’è congegnata, inadeguata alle sfide di questo secolo? Non è che questi europeisti “costi quel che costi”, alla Mario Monti o alla Romano Prodi, per capirci, abbiano fatto il loro tempo?

Ad ogni buon conto, per chi volesse approfondire sui “casi di frode, nepotismo e cattiva amministrazione della Commissione Europea” cui facevamo riferimento all’inizio, ecco il documento originale in inglese. E’ un documento di qualche anno fa, ma è una lettura istruttiva.

Scarica il rapporto del Collegio di inchiesta sulla commissione Santer.

 

Cesare Verro

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