Potrà tornare a lavorare in Sicilia l’ex assessore di Vittoria Daniele Barrano che, dopo lo scioglimento del Consiglio comunale per il rischio di infiltrazione mafiose, deciso la scorsa estate dal Consiglio dei ministri, era stato trasferito in Calabria dal dipartimento della Pubblica sicurezza del Viminale. Barrano, 42 anni, è infatti un agente della polizia di Stato.
Il provvedimento del ministero degli Interni è stato impugnato da Barrano davanti al Tar. I giudici si sono pronunciati il mese scorso, disponendo che vengano tenute «in debita considerazione le esigenze dell’interessato, valutando la possibilità di un suo trasferimento in altra provincia della Sicilia, con particolare riferimento a quelle di Siracusa e Messina». Tra le motivazioni a sostegno della necessità di consentire il riavvicinamento di Barrano, che è incensurato, c’è l’esigenza di accudire un genitore, così come previsto dalle legge 104, nonché l’avere una figlia minore.
I motivi che, ad aprile scorso, avevano spinto il Viminale a dare seguito alle note del questore, redatte in seguito allo scioglimento del Comune di Vittoria, vanno cercati nella presunta incompatibilità ambientale scaturita dalla presenza di Barrano in provincia di Ragusa. Il provvedimento, che non ha carattere sanzionatorio, è legato all’esistenza di una «situazione lesiva del prestigio, decoro o funzionalità dell’amministrazione riferibile alla presenza del dipendente in una determinata sede».
Ma quali sono le cause dell’imbarazzo della polizia? Nella sentenza ne vengono citati due di natura diversa. Il primo riguarda la partecipazione di Barrano all’esperienza dell’amministrazione del sindaco Giovanni Moscato. Il 42enne poliziotto, che nel 2016 ottenne la riconferma in consiglio nelle file della lista civica Riavvia VIttoria, quadruplicando i voti ricevuti cinque anni prima, a fine 2017 disse di sì alla proposta del primo cittadino di entrare in giunta, ricevendo le deleghe assessoriali ai Servizi sociali e al Personale. Una scelta che è stata ritenuta inopportuna, in quanto in quel momento all’interno del Comune era già al lavoro la commissione ispettiva della prefettura di Ragusa, che da lì a pochi mesi avrebbe inviato al ministero degli Interni la proposta di scioglimento.
A trovare spazio nelle note della questura è anche la parentela con Giovanni Siciliano, 49enne con alle spalle alcuni precedenti penali. L’uomo è cognato di Barrano ed è indicato come un soggetto che «risulta intrattenere rapporti con appartenenti alla Stidda». Siciliano lavora nel settore dei rifiuti e, nel corso degli anni, è stato preso in carico dalle diverse ditte che hanno gestito il servizio nel Comune di Vittoria. Il tema della spazzatura – gli affidamenti alle ditte del settore oltre che le presunte ingerenze nella gestione del personale – è stato al centro della relazione della commissione prefettizia insieme alle infiltrazioni nel mercato ortofrutticolo.
Dal canto suo, il legale di Barrano, Giuseppe Giuffrè, ha concentrato la propria difesa sull’assenza di contatti tra l’ex assessore e il parente e sul fatto che lo scioglimento «è dipeso da circostanze che riguardavano per lo più la precedente amministrazione e che in alcun modo erano riconducibili al ricorrente», ritenendo il trasferimento una «violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità». Osservazioni che il Tar ha tenuto in considerazione, sottolineando che, seppure la questura abbia «correttamente operato nel ritenere necessario il trasferimento», lo stesso può essere disposto in altre province siciliane, come quelle di Siracusa e Messina. In quanto «appaiono sostanzialmente estranee all’influenza della Stidda» e non hanno imprese destinatarie di interdittive antimafia che risultano essere iscritte nel registro degli operatori di fiducia del Comune di Vittoria.
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