Violenza di genere, parte il progetto che mira a curare gli uomini autori di maltrattamenti

«Per la maggior parte delle volte, un uomo violento torna a commettere lo stesso reato». Lo dice Leonardo Agueci, già procuratore aggiunto di Palermo e oggi presidente della Fondazione Legalità Onlus, che aggiunge: «ecco perché si deve recuperare un ritardo, e interrogarsi, tutti, su come intervenire». Da questa premessa, giovedì 14 novembre 2019 alle 10, al Centro di Accoglienza Padre Nostro di Brancaccio (Ex Mulino del sale, via San Ciro n. 6 a Palermo), prende il via un ciclo formativo rivolto a operatori del sociale, forze di polizia e magistrati per la prevenzione e gli interventi per gli uomini autori di maltrattamenti.

È Maurizio Artale, presidente del Centro fondato dal Beato Giuseppe Puglisi, a sottolineare «il profondo significato del realizzare tale iniziativa proprio nel territorio di Brancaccio, in cui è oggi attivo un presidio permanente della cultura dell’ascolto, dell’accoglienza e del servizio alla comunità, orientato alla tutela dei diritti delle persone e al contrasto ad ogni forma di violenza, che rappresenta uno dei frutti del martirio del Beato».

La violenza maschile sulle donne ha un carattere strutturale e non certo emergenziale. Accade che questi uomini, invece di tentare di capire come trasformare il loro istinto violento in altro, ci si abbandoneranno: dall’immaginare violenze sulle donne o anche sui bambini, torneranno a compierle. È evidente che il lavoro primario è quello conoscitivo e sui contesti culturali.

«L’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna – spiega Marina Altavilla, dirigente UIEPE – da tre anni ha avviato la sperimentazione della presa in carico dei maltrattanti autori di reato in esecuzione penale esterna in tutti gli otto uffici presenti in Sicilia, con una supervisione centrale che ha accompagnato negli anni l’operatività regionale; oggi, grazie a nuovi progetti, abbiamo ritenuto importante aprirci anche all’aspetto della prevenzione primaria nelle scuole e a chiedere una collaborazione a tutte le agenzie non solo di controllo, ma anche sociali e sanitarie presenti nei territori. Quest’ultima azione è molto complessa a fronte di una quasi totale carenza di servizi appositamente dedicati».

Il percorso formativo «Un altro me» (sette, in tutto, gli appuntamenti) prende il titolo dal film di Claudio Casazza realizzato nel 2016, che ha come tema il primo esperimento italiano di «trattamento intensificato» per responsabili di violenze sessuali nel Carcere di Bollate ad opera del CIPM di Milano il cui obiettivo è quello di prevenire la recidiva dei cosiddetti sex offenders. Il quesito è, innanzi tutto, se e come un autore di un reato di violenza contro le donne possa prendere coscienza di ciò che ha fatto, per non ricadere un giorno nella stessa violenza. In ogni caso, l’elaborazione delle proprie emozioni può essere un cammino lunghissimo, inedito per molti adulti maschi.

«La crescente diffusione di gravi condotte ascrivibili alla violenza di genere nei confronti delle donne, da parte degli uomini, rende necessaria l’adozione di interventi specialistici sebbene integrati e orientati alla presa in carico multidisciplinare dei maltrattanti», afferma Rosanna Provenzano, referente scientifico del Programma formativo. La formazione integrata a tutto campo aiuta a ricostruire una capacità di lettura del fenomeno, e, secondo Provenzano, «a superare i limiti conoscitivi e operativi di chi, concentrato sul proprio compito rischia di non avere gli strumenti per andare oltre e vede e interviene solo su una porzione del problema».

«La recidiva degli autori di violenza è straordinariamente alta se non interviene qualcosa o qualcuno, è necessario tenerlo bene in mente. Ecco, dunque, la necessità – conclude Agueci – di agire perché possano essere presi in carico da un servizio o un centro d’ascolto per uomini maltrattanti».

Miriam Di Peri

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