Dagli arresti domiciliari al carcere. È questa la decisione che ha preso la terza sezione della corte d’Appello di Palermo per l’imprenditore del settore delle scommesse Vincenzo Fiore. Durante il periodo di permanenza in casa – ottenuto per l’affievolimento delle esigenze cautelari – l’uomo, condannato a nove anni in un processo per mafia, avrebbe più volte violato le prescrizioni di non incontrare persone diverse da quelle che abitano assieme a lui. Secondo gli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza, gli incontri con il padre e con un imputato di un altro procedimento sarebbero avvenuti durante il tragitto percorso per raggiungere alcuni studi medici, in cui Fiore era autorizzato ad andare: l’8 e il 15 marzo in via Marchese di Villabianca, il 10 in via XII Gennaio. Il provvedimento di aggravamento della misura cautelare è stato emesso dalla corte d’Appello perché, in attesa della definizione del procedimento in Cassazione (dove l’imprenditore risponderà ancora di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio), le questioni sulla libertà personale sono di competenza dell’ultimo giudice di merito che ha emesso una sentenza nei confronti dell’imputato.
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