Viaggio nelle isole siciliane, come godersi Stromboli Escursioni, spiagge nere, Strombolicchio e Ginostra

Stromboli deriva dal greco στρογγυλός (strongylós) che vuol dire rotondo. E in effetti se non fosse per
quella profonda cicatrice, scavata nella parte nord occidentale del ventre del vulcano, la forma dell’isola,
vista dall’alto, sembrerebbe proprio circolare. Quella ferita, come una grossa fetta di vulcano che manca, è
la Sciara del Fuoco
, testimonianza di un passato geologico dell’isola a dir poco turbolento quando, circa
seimila anni fa, un’enorme frana si staccò dalla montagna. Da allora la Sciara del Fuoco è la zona di
maggiore instabilità del vulcano, dove si incanalano tutti i prodotti provenienti dalle eruzioni, oltre che il
punto da cui si potrebbero propagare nuovi tsunami, dopo quello del 30 novembre 2002. 

Stromboli è
anche un suono onomatopeico e nel suo nome è racchiuso lo spettacolo che attira ogni estate migliaia di
turisti: prima il rombo violento del vulcano preludio all’eruzione e poi il lancio di materiale incandescente
che piove sull’orlo del cratere e ticchetta sulle rocce vetrose producendo un caratteristico crepitio. Uno
spettacolo che si ripete instancabilmente da oltre duemila anni e che ha donato all’isola l’appellativo di
Faro del Mediterraneo
proprio perché, come un faro naturale, segnalava ai velieri la propria presenza in
mezzo al mare con le sue continue eruzioni. 

A Stromboli si arriva dopo un lungo viaggio: ci vuole pazienza, non è un’isola per chi va di fretta.
L’aliscafo impiega circa tre ore dal porto di Milazzo e prima bisogna fare tutte le tappe nelle altre isole. È
l’ultima delle Eolie, la più lontana, il pezzetto di terra più a nord della Sicilia e quando il mare dice di no,
si ferma tutto: le navi dell’acqua che dissetano l’isola, i medicinali, frutta, verdura e, ovviamente, i
trasporti per chi deve partire o arrivare.
Appena approdati si nota subito un forte contrasto: il nero aspro e selvaggio della roccia vulcanica
sovrasta il bianco luminoso delle piccole case a forma di cubo, simbolo della vita e dell’antico tentativo
dell’uomo di domarlo questo vulcano e di vivere con lui. 

Bianco e nero, mare e terra, fuoco e vita.
Stromboli è l’isola dei contrasti e degli opposti dove tutti gli altri elementi della natura si adattano: il
giallo onnipresente della ginestra, il rosa acceso del citiso, i coloratissimi fiori dei capperi, aspri ed incolti
abbarbicati alla roccia lavica, gli oleandri, i gelsomini selvatici, i limoni, i melograni, i fichi d’india, la
passiflora; tutti i colori si divertono a dipingere un quadro in cui altrimenti dominerebbero soltanto il
nero della roccia e il blu del mare. La tenace mano dell’uomo la si scorge anche nei numerosi
terrazzamenti
creati nei secoli scorsi per addolcire gli aspri pendii della roccia e per coltivare la sua
terra: viti, frutteti, ulivi, malvasia, fichi, un’immensa fonte di ricchezza che, insieme alla pesca, permise
all’isola di contare quasi tremila abitanti alla fine del 1800. Poi però, la violenta eruzione del 1930 insieme
alla diffusione inarrestabile della Plasmopara, un parassita della vite, portò la comunità locale a una forte
crisi economica e all’emigrazione come unica possibilità di sopravvivenza. 

Solo dopo il 1949, quando
Roberto Rossellini girò Stromboli Terra di Dio, con una giovanissima Ingrid Bergman, con la quale visse
sull’isola una discussa storia d’amore, Stromboli tornò ad attirare su di sé i riflettori di artisti, esteti,
letterati e curiosi. Seduti a uno dei tavolini del bar Ingrid, dedicato proprio all’attrice, sulla piazza
principale dell’isola, non si può non notare Strombolicchio con il suo faro, un imponente scoglio sospeso
tra mare e cielo. In effetti il termine scoglio, è molto riduttivo, se si considera che, piuttosto,
potrebbe essere paragonato all’anziano padre dell’attuale vulcano. Si tratta, infatti del cosiddetto neck
vulcanico
, ovvero l’antico condotto da cui usciva il magma che, in passato, alimentava le eruzioni. Circa
220mila anni fa, infatti, il vulcano Stromboli era molto diverso da come lo conosciamo oggi, anzi,
diciamo pure che non esisteva ancora. Tutta l’attività vulcanica era localizzata in corrispondenza di
Strombolicchio, sopra cui si ergeva l’antico edificio vulcanico. Nel corso del tempo geologico l’attività
magmatica si è spostata dal vecchio edificio per costruire l’attuale Stromboli e l’antico vulcano è stato
completamente eroso dall’azione del mare: un logorio incessante capace di cancellare le tracce del
vulcano primordiale, ma non del condotto che, essendo costituito da roccia lavica molto più resistente, è
rimasto a testimoniare la precedente storia geologica. 

Oggi Stromboli conta circa 400 abitanti che risiedono sull’isola tutto l’anno, ma numerosissimi turisti che
arrivano da ogni parte del mondo e che la popolano in estate. E il motivo è abbastanza semplice: oltre alla
genuinità della sua gente, oltre al fascino di trovarsi sperduti in mezzo al mare, oltre alla bellezza
selvaggia delle sue coste e dei suoi fondali marini, alla tranquillità dell’isola, senza macchine e
illuminazione stradale, Stromboli è la più attiva dell’arcipelago delle Isole Eolie, un sistema di isole
vulcaniche generato da un complesso fenomeno geologico noto come subduzione. La sua attività è particolarmente adatta alle osservazioni di appassionati e turisti dal momento che il vulcano si
caratterizza per un tipo di eruzione molto particolare, che consiste in brevi e intermittenti fontane di
materiale lavico incandescente alte dai 100 ai 200 metri, i cui prodotti ricadono in prossimità del cratere e
che si verificano con una frequenza di circa 20 minuti. Inoltre, grazie alla particolare morfologia dell’area
craterica, Stromboli è uno dei pochi vulcani al mondo in cui le eruzioni possono essere guardate in tutta
sicurezza dall’alto verso il basso
. Certo, possono verificarsi esplosioni molto più violente come i
parossismi che, però, vengono sempre preannunciate da importanti segnali geofisici e geochimici che i
vulcanologi sono subito pronti a decifrare per la sicurezza di turisti e abitanti. 

Consigliamo a chi volesse assaporare la lentezza di questo piccolo paradiso siciliano di visitare Stromboli
lontano dal mese di agosto
, quando l’isola comincia poco a poco a svuotarsi dal turismo di massa e a
riacquistare tutta la tranquillità che la caratterizza. Se le condizioni lo permettono, il consiglio è quello di
affidarsi ad uno dei vari gruppi di guide autorizzate e cimentarsi nella scalata fino ai 900 metri di quota a
osservare l’attività vulcanica per poi scendere lungo un divertente sabbione di cenere finissima. In
alternativa ci si può accontentare di osservare le eruzioni dai 400 metri di quota, percorrendo il sentiero
che parte dopo il villaggio di Piscità e che porta fino all’Osservatorio e per poi continuare fino a
costeggiare parte del bordo della Sciara del Fuoco. È consigliato anche il giro dell’isola in barca, con
tappa a Strombolicchio per esplorare i suoi fondali e osservare tutta l’imponenza
della Sciara dal mare. 

Per il resto, Stromboli va vissuta passeggiando tra le sue stradine strette, curiosando
tra le scritte e i disegni che si trovano sui muri, facendo amicizia con i pescatori famosi per via delle loro
lunghe e folte barbe e passeggiando per le sue splendide spiagge di sabbia nera, aspettando di tanto in
tanto, di sentire sotto i piedi i boati del vulcano.
Per chi volesse invece assaggiare quel che resta della vera anima dell’isola, silenziosa, buia, aspra e
selvaggia, il consiglio è quello di recarsi a Ginostra, famosa per il suo Porto Pertuso, tra i più piccoli
porti del mondo
. Situata dall’altra parte dell’isola, è raggiungibile solo via mare e conta circa trenta case e
qualche mulo ancora utilizzato per il trasporto di merce.

Michela Costa

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