Via Castromarino, c’è anche l’ipotesi demolizione Sfollati: «Nessuno affitta case se paga il Comune»

Il palazzo di via Castromarino sta lentamente cedendo. Il vuoto che si è creato sotto alle fondamenta, alla base del crollo, si fa sentire e i «fenomeni fessurativi», così si chiamano tecnicamente, continuano inesorabili. Il sindaco di Catania Salvo Pogliese, il direttore generale della Ferrovia circumetnea Salvatore Fiore e i tecnici del Comune sono andati, ieri, a verificare cosa stia succedendo. E l’esito non è rassicurante: «Il problema è evidente, non si può lasciare quel palazzo in quelle condizioni: bisogna intervenire», dichiara a MeridioNews l’ingegnere Fiore. Il tema, però, è come farlo. Intanto perché l’edificio venuto giù e quelli vicini sono sotto sequestro della magistratura. In altri termini: nessuno può metterci piede dentro, né i residenti né gli esperti dell’amministrazione comunale. Poi, perché non è chiaro cosa fare una volta che i sigilli saranno stati tolti: puntellare e basta o demolire? Un’opzione, quest’ultima, che sul piatto c’è. E pesa.

La situazione è lungi dall’essere chiara. Qualunque ingegnere preferisce mettere le mani avanti: finché non si entra dentro, su via Castromarino resterà un punto interrogativo. Allargata la zona di interdizione, coinvolto anche il garage del palazzo di fronte (sgomberato ormai giorni fa), e fissate al suolo le transenne, non si sa se crollerà tutto oppure no. «È necessario agire in tempi brevi – continua Fiore – Bisogna consolidare il terreno e, intanto, puntellare la facciata, per evitare che qualche pezzo si stacchi». Occorrono dunque i ponteggi, riempire il vuoto negli scantinati dell’edificio, fare in modo di assicurarsi che il cedimento di via Castromarino 1 non si tiri dietro anche gli edifici confinanti. «Alla prima fase, poi, seguirà la seconda: decidere se consolidare o demolire».

Tutto questo a prescindere dalle reali e originarie cause di quanto avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 2020. Ormai un mese fa. Il dito dei cittadini resta puntato contro i lavori della metropolitana di Catania. La talpa della Cmc di Ravenna, società che sta eseguendo gli scavi per il lotto Stesicoro-Palestro, è ferma proprio sotto l’edificio. Anche la galleria è sotto sequestro e così il cantiere è bloccato: niente avanzamento dei lavori, niente soldi. Così l’impresa, già in difficoltà economiche, annaspa nell’attesa che, a marzo, i creditori votino le opzioni prospettate dal concordato preventivo formulato per evitare il fallimento.

Gli operai sono in cassa integrazione. Solo alcuni vanno ogni giorno in cantiere per garantirne la sicurezza. Una sorta di sorveglianza che si ferma di fronte ai sigilli apposti dalla magistratura dopo il crollo. Stesso motivo per il quale si è fermata la direzione dei lavori, a cui la Fce aveva chiesto una relazione articolata su quanto avvenuto: «Non sono potuti entrare, quindi non hanno potuto controllare. L’unica relazione che sarà possibile leggere, quando sarà pronta, la scriveranno i consulenti tecnici nominati dalla procura di Catania». Ed è agli uffici di piazza Verga che è rivolta l’attenzione di tutti: il coro unanime è «Fate presto». Il primo cittadino ha chiesto un dialogo con l’autorità giudiziaria, l’urgenza la sente in primis il municipio.

Per gli inquilini il quadro di incertezza risulta ulteriormente amplificato. Da un lato l’ipotesi di perdere la casa in via definitiva, dall’altro anche le difficoltà a trovare una sistemazione provvisoria per un periodo che, vuoi o non vuoi, sarà lungo. «Il Comune ci ha promesso il sostegno da circa 250 euro per l’affitto – spiega uno degli sfollati – ma non troviamo locatori disponibili a queste condizioni». Non tanto per le somme a disposizione, quanto per la diffidenza nei confronti dell’ente comunale in dissesto: «Molti non si fidano del Comune che potrebbe pagare in ritardo o non pagare proprio, non appena capiscono la situazione chiudono la trattativa».

Luisa Santangelo

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