Vi dimostriamo, numeri alla mano, perché le banche stanno affossando l’Italia

IN 20 MESI IL MONTE BOND E’ PASSATO DA 200 A 400 MILIARDI DI EURO. I SOLDI, INVECE DI SOSTENERE LE IMPRESE, SOSTENGONO LA SPECULAZIONE DEL SISTEMA CREDITIZIO. IL TUTTO CON LA ‘GESUITICA’ CONNIVENZA DELLA BANCA D’ITALIA

Nella stagione delle privatizzazioni con assoluta leggerezza si è proceduto al totale sbaraccamento del sistema bancario, senza contare che il controllo della leva finanziaria è una necessità strategica della politica economica di un Paese.

Oggi, in periodo di crisi di sistema, laddove il controllo della leva finanziaria ha valore fondamentale per le politiche di rilancio dell’economia produttiva, lo Stato italiano si trova nell’impossibilità di operare in quel campo per la ragione che le banche sono private e le scelte sulle convenienze non le fa il governo, bensì i consigli di amministrazione delle singole banche.

Hanno voglia, da un lato, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, e dall’altro il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ad invitare le banche a favorire la ripresa economica nazionale attraverso il credito alle imprese ed alle famiglie, tanto le banche a questi appelli fanno orecchie di mercante (è proprio il caso di dirlo!) e continuano a scegliere l’impiego delle disponibilità finanziarie contenute nei loro forzieri per acquistare titoli di Stato.

Ciò per una ragione molto semplice: queste operazioni di investimento sono a rischio zero e permettono di lucrare ingenti margini pagando interessi all’1 per cento. Questo è, infatti, il costo al quale la Bce concede loro la liquidità di somme ingenti.

Di fronte al lento quadro di ripresa economica europea, il governatore della Banca d’Italia qualche giorno addietro ha lanciato un monito al sistema bancario italiano, sintetizzabile in “meno Btp e più prestiti”. Visco ha insistito ancora una volta su questo tasto stante la sordità verificata di persona ai suoi precedenti appelli.

Dal suo osservatorio egli è in grado di verificare lo stato dei bilanci delle banche ed ha potuto riscontrare che, a fine agosto, tra Bot, Btp e Cct c’erano 396 miliardi di euro di impieghi.

Le banche italiane negli primi otto mesi dell’anno in corso hanno comprato ben 46 miliardi di euro di titoli di Stato. Né era risultato un valido deterrente il limite massimo di 5 miliardi di acquisto, poiché con la frequenza con la quale vengono messi all’asta i titoli pubblici raggiungere quelle somme è un gioco da ragazzi.

Questi procedimenti hanno determinato un accaparramento di titoli di Stato abnorme. In soli 20 mesi il monte bond è raddoppiato, passando dai 209 miliardi di euro a fine 2011 ai 401 miliardi al giugno 2013. Di contro, nello stesso periodo, i prestiti sono crollati di 77 miliardi di euro.

Questa politica finanziaria e del credito procura un fenomeno economico la cui natura è così sintetizzabile: calano i consumi, chiudono le imprese, scende la produzione, ingrassano gli utili finanziari delle banche, lucrando sugli interessi pagati coi soldi del bilancio pubblico. Né vale la giustificazione che le sofferenze, nello stesso periodo, hanno superato i 140 miliardi di euro, per il semplice motivo che le famiglie nello stesso periodo di tempo hanno aumentato i depositi di 80 miliardi di euro.

Quello delle sofferenze è un argomento assai serio, ma le banche a tale proposito debbono fare severa autocritica. Se i loro prestiti li fanno in prevalenza a clienti come i ‘capitani coraggiosi’ di Alitalia, va da sé che aumentano le sofferenze! Ovvero danno i soldi ai Colaninno per acquistare Telecom e poi li danno a Tronchetti Provera per acquistare Telecom da Colaninno. Di che si lamentano poi se aumentano le sofferenze?

Di certo non sono i piccoli risparmiatori a determinare le sofferenze. Questi, infatti, sono gli unici ad avere titolo di lamentarsi per il fatto che le banche remunerano i loro depositi, quando va bene, col 2 per cento mentre i prestiti, quando li concedono, li gravano del 5-6 per cento.

Questi appena esposti sono i dati nudi e crudi. Se continua così non c’è molto da ricercare le cause che determinano la rottura del circuito economico.

Ah, dimenticavamo: la Banca d’Italia non è più pubblica, ma è controllata dalle banche che dovrebbe controllare…

 

Riccardo Gueci

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