Da pochi giorni in uscita, il volume Versi diversi scene oscene rappresenta per più di un motivo una vera e propria novità allinterno dellormai sclerotizzato panorama editoriale siciliano e catanese. Davide Pappalardo (già scrittore di cinema) e Fabio Stancanelli (attore, musicista e poeta) sono i due giovani autori di questo libro che si sono messi in testa di creare qualcosa di differente sia dal punto di vista della scrittura che da quello delleditoria. Nessuna attesa estenuante davanti a porte di editor che difficilmente si apriranno, ma la decisione di diventare editori di se stessi, provvedendo alla stampa del volume e alla relativa vendita e distribuzione attraverso sia i normali canali (nelle librerie Crisafulli, Megastorie e Tertulia), ma soprattutto tramite quellancora (da noi) orizzontiaco mezzo di interscambio di oggetti e di pensieri che è internet (sul sito www.versidiversi.it).
Diciotto tra racconti (brevi e lunghi) e poesie. Diciotto scampoli di presente, di futuro, di presente futurista e di futuro futuribile. Due stili diversi quelli dei due autori (Pappalardo-Gibson/Stancanelli-Sclavi) ma un unico modo di concepire loggetto del narrato. Loggi, il domani non solo come evasività e genere, ma soprattutto come strumento per unindagine soggettiva-oggettiva (degli autori e dellambiente) che esplora le relazioni tra lindividuo e la comunità. E qui sta la vera novità introdotta dai due giovani scrittori (che sul volume si firmano con i nick Deadpoet e Bishop). Lambientazione delle loro storie è principalmente nostrana, catanese, ma anche, e soprattutto, cyber, horror, fantascientifica e nera. Inusuale e originale certamente, visto che ormai da qualche tempo le uniche storie che si riescono a leggere ambientate qui da noi sono di improbabili, macchiettistici commissari o di sperdute pulzelle sprofondate in impossibili relazioni pseudo-erotiche. In Versi diversi scene oscene limmaginazione si perde in una Catania composta di desolate via Etnea, di affollate piazza TMax e di zooumanologici bar (realmente esistenti) come Il Portobello ed Il De Niro, ma raccontati come se ci si trovasse in un black-futurista paesaggio clarkiano, in una situazione dickiana o in un viaggio gibsoniano. Catania come Metropolis: città del passato, città del futuro. Senza luoghi comuni, senza caricature, senza bozzetti e senza macchiette. Bellissima, futuribile, alienante e triste come un quadro di Mondrian.
Fantascienza a Catania, finalmente.
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