Verità difficile tra fatalità e sfortuna

Sedici anni. Una bella serata. Uno spinello. Bum: un volo. Esito: invalidità totale. Questa, in breve, la storia, giunta in Cassazione, di una studentessa che, nel marzo del 1998, partecipò al classico viaggio di istruzione. Una sera – intorno alle 23.30 – la ragazza, dopo aver fumato uno spinello – di marijuana, secondo lei – datole da un suo compagno, scavalca il parapetto del balcone della sua stanza di albergo per inoltrarsi, insieme con il compagno, nella terrazza non protetta e munita di un canale di scolo. La ragazza non vede il canale e vola giù per 12 metri, rimanendo invalida per sempre.

Di chi la colpa? Del fato? Della ragazza? Del compagno che le diede lo spinello? Degli insegnanti? Dell’albergatore?

La ragazza cita in giudizio tutti: scuola, ministero della Pubblica istruzione, società che gestiva l’hotel ed anche i genitori del compagno che le aveva dato il “fumo”. Questi ultimi perché degli atti illeciti dei minori (nel caso: cessione di stupefacente) sono chiamati a rispondere i genitori.

I Giudici di primo e secondo grado respingono la richiesta di risarcimento della ragazza. In sintesi: la minore si era cacciata volontariamente nei guai. Neppure poteva “condannarsi” la scuola o il ministero: perché, hanno detto il Tribunale e la Corte di appello, non si può certo pretendere che l’insegnate sorvegli di notte i ragazzi, finendo per violare la loro privacy, né che verifichi la struttura dell’albergo, anche perché i ragazzi prossimi alla maggiore età sono presumibilmente dotati di senso del pericolo.

Fine della storia? Per niente. Il processo dopo 14 anni dai fatti e quando la sedicenne è diventata trentaduenne, approda in Cassazione. E la Corte ritiene che ci siano molte cose da rivalutare e molte responsabilità da verificare.

Anzitutto, secondo i Giudici di legittimità, ha sbagliato chi gestiva l’albergo. Ha sbagliato a non segnalare in alcun modo l’estrema pericolosità del solaio che era facilmente accessibile dalla stanza della ragazza e dava direttamente sul vuoto. Per di più, il solaio non era in alcun modo illuminato.

Neppure la scuola è immune da responsabilità. Infatti seppure la Cassazione concordi con i primi Giudici nel ritenere che l’insegnante non abbia un dovere di vigilanza permanente, soprattutto rispetto a ciò che succede nelle camere degli alunni, la scuola ha comunque un obbligo di scegliere strutture alberghiere che non presentino rischi per gli alunni. E ciò non può fare soltanto sulla carta, cioè all’atto di scegliere l’hotel.

Insomma chi accompagna i ragazzi, giunto sul posto, deve verificare se vi siano pericoli evidenti, anche accedendo alle camere dove gli alunni saranno alloggiati. E rinvenuti i possibili pericoli, l’accompagnatore deve “adottare misure in concreto idonee alle circostanze”.

Ma quali sarebbero state nel caso della minore rimasta invalida queste misure? Verificato che vi era un rischio di facile accessibilità al solaio di copertura – dicono i Giudici – l’accompagnatore aveva davanti una pluralità di scelte: immediata richiesta di sostituzione della stanza, oppure valutata la capacità di discernimento del minore “impartire adeguati e comprensibili moniti a non adottare specifiche condotte pericolose”. E qui i Giudici chiariscono ulteriormente quali sarebbero i comprensibili moniti: “L’avvertimento a non impegnare il lastrico solare terrazza, facilmente accessibile nonostante la sua pericolosità”.

Ma se un ragazzo – verrebbe da chiedersi – ha capacità di discernimento, davvero necessita un tale “comprensibile monito”?

Inoltre ove il docente, viste le stanze, avesse ritenuto inaffidabile l’hotel prescelto, avrebbe dovuto ricercare, “anche tramite l’organizzatore”, altri alloggi, oppure, in caso estremo, disporre il rientro anticipato.

Quindi vi sono colpe dell’albergatore e della scuola, ma resta ferma anche la responsabilità della ragazza, sebbene appunto in concorso con gli altri. E ciò anche perché non si è provato che la sostanza ceduta fosse stupefacente e che comunque essa fosse in quantità tale da indurre nella ragazza la condotta imprudente di inoltrarsi sul lastrico.

Ne consegue che, invece, nessuna conseguenza ci sarà per i genitori del compagno: se non si sa cosa il loro figlio abbia dato alla compagna, di che dovrebbero rispondere?

Fine ? No, ovviamente. La Suprema Corte ha rinviato alla Corte di Appello, per valutare – tenuto conto dei superiori principi – quanto ciascuno degli interessati sia responsabile rispetto agli altri, e vi è da credere che il processo tra qualche anno tornerà in Cassazione. La decisione sul concorso di responsabilità presterà comunque il fianco a censure giuridiche.

Questa la cronaca giudiziaria, con la consapevolezza che il dramma che le sta dietro resta inenarrabile con le categorie giuridiche.

 

Daniele Livreri

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