Veglie antiomofobia nelle chiese palermitane «Apriamoci, la paura ci rinchiude in noi stessi»

«Lavorare contro le ingiustizie». È questo uno dei principali motivi che spinge da anni la Chiesa valdese di Palermo ad aderire alla Giornata mondiale del 17 maggio per la lotta contro l’omotransfobia e a organizzare delle veglie di sensibilizzazione. «Questa per noi è l’undicesima veglia antiomofobia, non è stata mai messa in discussione la nostra partecipazione a questa iniziativa, anzi siamo tra i promotori», spiega a MeridioNews Peter Ciaccio, da sette anni pastore della comunità di via dello Spezio a Palermo. Comunità che, di fatto, ha raccolto in pieno il messaggio lanciato meno di un anno fa da papa Francesco, che a ottobre ha apertamente invitato la chiesa ad aprire le proprie porte anche alle persone omosessuali, rompendo un silenzio durato anni sull’argomento. L’appuntamento per mercoledì prossimo è previsto alle ore 20 in piazza Magliocco, da lì partirà un corteo che giungerà sino alla chiesa, dove alle ore 21 verrà celebrata la funzione ecumenica.

«Il mondo testimoniato da Gesù è un mondo dove non ci sono ingiustizie, dove non esistono discriminazioni, sofferenze e violenze – dice il pastore – Un mondo dove la convivenza è improntata sull’amore, unica guida delle persone. E questo vale in questo caso per le persone omosessuali, come valeva, e purtroppo per certi versi vale ancora, per gli afroamericani in America ai tempi di Martin Luther King». Avremmo, quindi, tutte le carte in regola per trasformarci in una società civile e tollerante, così come qualcuno oltre duemila anni prima di noi è riuscito a immaginarla. Malgrado diminuiscano anche gli interventi censori – l’ultimo in ordine di tempo a Palermo fu imposto nel 2011 dall’allora cardinale Paolo Romeo alla veglia organizzata dal parroco di Santa Lucia – le adesioni non sono molte. Oltre alla chiesa valdese, infatti, aderiscono all’iniziativa i laici comboniani e i gesuiti della chiesa del Gesù a piazza Casa Professa, San Francesco Saverio all’Albergheria e la Comunità Luterana di Sicilia.

Ma le motivazioni per continuare in questa direzione non mancano: «Un altro fattore che ci stimola guarda all’aspetto ecumenico – prosegue Ciaccio – cioè noi non siamo esclusivisti, non pretendiamo di essere gli unici ad avere a cuore questo tema, ma cerchiamo di fare le cose insieme. Se i cristiani non riescono a unirsi su questioni come il riconoscimento del papa, almeno dovrebbero sulla lotta all’ingiustizia e alla povertà, insomma per questo tipo di lavoro i cristiani dovrebbero lavorare insieme». Il 17 maggio, quindi, significa molto anche per le comunità religiose, per quelle almeno in grado di vederne lo stimolo verso un mondo più giusto, forgiato da un lavoro ecumenico fatto in sinergia.

Ma non tutte le realtà religiose sono pronte a cambiare volto e ad ampliare l’interpretazione di quel messaggio vecchio oltre venti secoli. «Ogni chiesa ha il diritto, al suo interno e fra i suoi membri, di portare avanti quello che pensa. Posso dire dal nostro punto di vista che non c’è d’aver paura a fare un’iniziativa del genere, anzi è un momento molto bello, perché è un momento soprattutto di incontro, di preghiera e di accoglienza – spiega il pastore – Per alcune persone che partecipano a questa veglia potrebbe anche essere la prima volta che incontrano una chiesa che dice loro guarda che tu omosessuale puoi stare tra noi, non c’è nessun problema. E poi penso che in una società secolarizzata come oggi, dove la fede è sempre meno un dato di fatto e sempre più qualcosa di nicchia, e questo vale anche per le grosse chiese come quella cattolica, ogni occasione di testimoniare il vangelo di Gesù è da prendere al volo. Per questo è importante non avere paura, perché la paura ci rinchiude in noi stessi ma dobbiamo aprirci e testimoniare questo vangelo che Gesù ci ha dato non per tenercelo noi, ma per annunciarlo».

Silvia Buffa

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