Va giù ponte “Lauricella” della strada statale 626 tra Ravanusa e Licata: due auto nel burrone

INCIDENTI A CATENA TRA GLI AUTOMOBILISTI. CI SAREBBERO FERITI NON GRAVI. LA STORIA DI UN’ARTERIA CHE HA SEMPRE DATO VITA A POLEMICHE PER VIA DI UN TRACCIATO SOFFERTO E IN PARTE ABBANDONATO

Il viadotto “Lauricella” – realizzato lungo la strada statale 626 – nel tratto che collega Ravanusa a Licata è andato giù. Le notizie sono frammentarie. Due auto sarebbero finite nel burrone. Non ci dovrebbero essere morti, ma solo feriti. E una serie di incidenti a catena provocata dagli automobilisti in frenata.

La strada statale 626 è stata realizzata a partire dalla seconda metà degli anni ’70 del secolo passato. Ed è stata concepita come una via alternativa alla strada statale 123 Canicattì-Licata.

Questa strada attraversa la valle del fiume Salso. E’ stata pensata, come “un’asse di penetrazione verso il mare ed il porto di Licata”.

E’ una strada realizzato in un territorio ad orografia piuttosto sofferta con colline di media altezza e valli scoscese. Da qui l’opzione di realizzare “lunghissimi viadotti in cemento armato precompresso (così come era moda dell’epoca anche in altre strade siciliane dell’epoca come ad es. nel viadotto Cannatello sulla A19 o lo stesso viadotto Morello)”.

Il viadotto “Lauricella” (che rende il nome da Salvatore Lauricella, leader siciliano del Partito socialista italiano che era originario, per l’appunto, di Ravanusa, in provincia di Agrigento, uomo politico che è stato, tra le altre cose, Ministro dei Lavori pubblici e per un decennio presidente dell’Assemblea regionale siciliana) è, senza dubbio, uno dei più imponenti di tutta la Sicilia.

Si snoda a circa 8 km dall’imbocco della strada statale 123, a Licata. Con i suoi 2 mila e 369 metri di lunghezza, si arrampica fino a circa 60 metri di altezza dal suolo. Il viadotto va dal livello del mare nella piana di Licata, nella parte terminale del fiume Salso, fino alle colline di Ravanusa.

Non è mai stata una strada fortunata. Come leggiamo sempre su wikipedia, “è stata gradualmente aperta al traffico a partire dal 1987. In realtà l’arteria è attualmente in esercizio fino all’imbocco con la ss 190 delle solfare in cui è presente un’uscita obbligatoria. I restanti 11 km sono stati parzialmente costruiti ed abbandonati nel corso degli anni ’90. Si possono notare alcuni viadotti già completati, la galleria Cipolla posta nell’omonima contrada (tristemente nota per la storia dell’utilizzo di calcestruzzo impoverito e forse da rifare) e un abbozzo di svincolo con la SS 626”.

In questa fase si possono solo ipotizzare le cause di quanto avvenuto. Non è da escludere che possa aver ceduto una fondazione. Trattandosi di una strada statale, la competenza è dell’Anas.

Non è la prima volta che su questa strada si verificano problemi.

Nel maggio del 2009 sul viadotto Geremia II (1480 metri di lunghezza, altezza massima di circa 90 metri), dalle parti di Butera, è stato registrato un cedimento. Anche allora due persone restarono contuse.

Dopo sette giorni si verificò un crollo. E la strada venne chiusa al traffico. Per riaprire solo nel luglio del 2012.

Insomma, siamo davanti a una strada che, in ragione della già citata orografia sofferta dei luoghi, ha creato, nel passato, non pochi problemi.

Per completezza d’informazione, va ricordato che, in provincia di Agrigento, non sono mancate le polemiche – e le inchieste della magistratura – per opere pubbliche realizzate con cemento ‘depotenziato’.

 

Redazione

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