Non servono investimenti faraonici, né trivelle che scavano nei centri storici. Le metropolitane in tre capoluoghi della Sicilia orientale – Catania, Messina e Ragusa – potrebbero esistere già. Basterebbe realizzare le stazioni: qualche pensilina e marciapiedi. E far correre molti più treni leggeri sui binari che tagliano le città e rimangono spesso sottoutilizzati. L’idea – semplice, economica e dagli effetti rivoluzionari – parte dalla provincia iblea ma è estendibile anche ai piedi dell’Etna e sullo Stretto: realizzare le metropolitane urbane di superficie. Possibilmente attingendo ai fondi europei 2014-2020 per la mobilità sostenibile.
A Ragusa un progetto per utilizzare la tratta ferroviaria esistente – 17 chilometri della linea Siracusa-Ragusa-Gela che attraversano la città – esiste dal 1995, pensato dalle stesse Ferrovie. Poi messo da parte anche per campanilismi politici. Finanziato nel 2003 con circa 30 milioni di euro da Rfi, ma mai realizzato. Due anni dopo il piano è stato aggiornato e presentato a Roma, ma è rimasto in un cassetto. Fino a quando un movimento fatto da cittadini, sindacati e associazioni tra cui Legambiente, è riuscito a tirarlo fuori. Trovando nella nuova amministrazione comunale, guidata dal sindaco Cinque Stelle Federico Piccitto, un valido alleato.
Venerdì scorso Cub Trasporti, Comitato pendolari e Legambiente hanno organizzato un incontro, presentando una proposta che aggiorna il progetto esistente. «Il piano delle Ferrovie non è più adeguato, la città è cambiata, c’è una nuova urbanizzazione, quindi abbiamo attualizzato le fermate previste nel ’95», spiega il sindacalista Pippo Gurrieri. Le stazioni potrebbero essere otto, nei punti più abitati: Ragusa Ibla, Carmine centro storico, ospedale Arezzo, Stazione centrale, via Colaianni, centro commerciale Le masserie, consorzio Asi, il nuovo polo ospedaliero che sta per essere completato in contrada Cisternazzi. «Il grande valore è che per il 95 per cento l’opera esiste già, perché abbiamo l’infrastruttura, servirebbe realizzare le fermate, nient’altro da costruire», aggiunge Gurrieri. Al momento sui 17 chilometri di binari che tagliano Ragusa, viaggiano ogni giorno solo quattro coppie di treni, otto al giorno. La rete è quindi sottoutilizzata e potrebbe sostenere una frequenza ben più alta di corse.
Secondo le stime dei promotori basterebbero circa 18-20 milioni di euro. Per fare un paragone, per realizzare cinque chilometri di metropolitana sotterranea a Catania è prevista una spesa di 460 milioni di euro. Il coordinamento nato per portare avanti questa battaglia ha trovato l’appoggio dell’assessore all’Ambiente Antonio Zanotto e si stanno definendo i passaggi per arrivare alla richiesta di finanziamento da attingere sui fondi europei 2014-2020. Legambiente propone anche di usare una parte delle royalties del petrolio. Se nel capoluogo ibleo il progetto potrebbe essere realizzato davvero in un futuro prossimo, a Messina e Catania nessuno parla della possibilità di creare la metropolitana di superficie. Eppure le caratteristiche della linea ferrata che attraversa le due città sono simili a quella di Ragusa.
A Catania i binari infatti collegano Cannizzaro ad Acquicella, passando per il centro storico. «Basterebbe realizzare alcune fermate, al Castello Ursino per esempio o davanti agli Archi della Marina al porto – spiega Francesco Russo, docente di Trasporti all’università di Reggio Calabria che ha anche partecipato al convengo a Ragusa – non servono chissà quali opere monumentali, ma solo pensiline e marciapiedi». Con poco si potrebbe quindi avere una metropolitana urbana con fermate a Cannizzaro, Ognina, stazione centrale, castello Ursino, porto, Acquicella e Bicocca.
Il docente – recentemente convocato in Senato per illustrare il suo dossier sull’enorme gap tra Nord e Sud nell’accessibilità ai trasporti – allarga lo sguardo anche a Messina, città che ancora più di Catania e Ragusa soffre il traffico a causa dell’attraversamento dei mezzi diretti al traghettamento. Anche nel capoluogo dello Stretto corrono chilometri di binari inutilizzati. «Entrando in città ci si trova davanti un bellissimo ponte con il viadotto ferroviario che ha servito la città per 70 anni, era parte della tratta Messina-Palermo – spiega Russo – circa quattro anni fa è stata fatta una deviazione e realizzato un nuovo tracciato in galleria. La linea urbana è quindi rimasta inutilizzata ed è ancora in ottime condizioni». Idee che per Messina e Catania sembrano nuove, ma che a Palermo, con la realizzazione dell’anello urbano ferroviario, si stanno portando avanti da anni. Il fondo Por (Programma operativo regionale) destinato alla Sicilia per il periodo 2014-2020 è di 400 milioni, lì si potrebbero trovare le risorse. Servono solo i progetti.
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