Usa e Ucraina: colpire la Russia prima del crollo del dollaro?

UN’INTERESSANTE ANALISI DI “LIBRE” E “MEGACHIP” METTE IN EVIDENZA LE POSSIBILI STRATEGIE USA PER METTERE LE MANI SULLE RISORSE PETROLIFERE E SUL GAS DEL MAR CASPIO 

Le dichiarazioni di Barak Obama rese durante e a conclusione del vertice G7 dell’Aia confermano le notizie apparse su “Libre associazione di idee”, una testata on line. Questa riporta a propria volta uno scritto di Carlo Tia su “Megachip” nel quale vengono evidenziate le strategie militari Usa in vista del controllo delle risorse petrolifere e del gas presenti nell’area del Mar Caspio.

Scrive Tia che l’intento del Pentagono è quello di colpire la Russia prima del collasso finanziario del dollaro. Lo scontro in Ucraina ha esattamente questo scopo.

Il dollaro da qualche tempo non è più nei fatti l’unica moneta di riferimento negli scambi commerciali internazionali, come deciso a Bretton Woods. Solo per fare qualche esempio, tra Cina e Russia gli scambi avvengono sulla base dello Yuan, ovvero, sempre tra Cina ed Iran si tratta sulla base del valore in oro.

La Cina, poi, da parte sua mette ogni mese nel mercato finanziario 50 miliardi di dollari che un ignoto compratore belga forzosamente si affretta ad acquistare ancorché trasformati in obbligazioni. Da parte sua Geoge Soros specula al ribasso in Wall Street.

Il cumulo di queste circostanze fa prevedere una possibile, nuova depressione mondiale della quale gli Usa pensano di uscirne “solo con una prolungata guerra in Europa”.

Le avvisaglie ci sono tutte. Riferisce “il Giornale”, a proposito del ‘pilotaggio’ della crisi Ucraina che Urmas Paet, ministro degli esteri estone, nel corso di una telefonata alla responsabile degli Esteri dell’Unione europea, Catherine Asthon, che “i cecchini che hanno sparato sulla folla in piazza Maidan non erano uomini di Yanukovich ma, probabilmente della coalizione appoggiata dall’Occidente”.

Carlo Tia, analista di Megachip, riferisce di un’altra telefonata tra Victoria Nuland, incaricata Usa per i rapporti diplomatici con l’Europa e l’area dell’Eurasia, e l’ambasciatore statunitense in Ucraina Secondo la registrazione di questa telefonata, che poche testate giornalistiche hanno reso pubblica, la Nuland indicava la composizione del nuovo governo a Kiev, tale da innescare una ‘strategia della tensione’ che darebbe agli Usa e alla Nato “il pretesto di intervenire per ‘pacificare’ l’Ucraina, stabilirsi nel Mar Nero e proiettarsi verso il Caucaso e il Mar Caspio, ricchissimo di risorse petrolifere e di gas”.

Questa è una delle principali ragioni per le quali l’Ucraina in questi ultimi anni è divenuta una realtà strategica, sia per la presenza dominante di Gazprom nello sviluppo dello sfruttamento dei giacimenti energetici, sia per la presenza cinese nello sfruttamento di circa sei milioni di ettari di terreni coltivabili. Cosa che ha fatto montare in bestia la Monsanto e non solo. Tanto che il nuovo governo filo-americano insediatosi a Kiev, tra i primi suoi provvedimenti, ha revocato i diritti di coltivazione concessi appena lo scorso anno ai cinesi.

Com’è facilmente intuibile, le condizioni per dare inizio ad una guerra ci sono tutte. D’altra parte, gli Stati Uniti d’America sono bravissimi maestri nel creare condizioni per intervenire militarmente in ogni parte del mondo. E quando non ci riescono se le inventano, com’è avvenuto con le fandonie presentate all’Onu come prove inconfutabili per intervenire in Iraq, rimuovere Saddam Hussein e magari proporre in diretta televisiva l’esecuzione capitale dello stesso dittatore iracheno, per dimostrare al mondo intero quanto sono bravi e ‘democratici’ a liberare i popoli dai loro tiranni con i loro interventi militari.

Secondo Carlo Tia, nel piano bellico statunitense trovano solide basi i posizionamenti militari americani nel Mediterraneo, tra i quali vi sono il Muos di Niscemi, gli scudi antimissili in Polonia e la possibile apertura di nuove basi militari in Romania e Bulgaria, nonché l’apporto della Turchia, membro Nato, per il controllo del Bosforo e dei Dardanelli.

La Turchia ha già violato la convenzione di Montreux del 20 luglio 1936, consentendo l’accesso al Mar Nero di alcune unità della marina militare Usa. Operazione vietata alle unità militari estranee ai Paesi rivieraschi in periodo di pace. E finora uficialmente non è stato dichiarati nessuno stato guerra.

La portaerei George Bush, che non può essere ammessa nel Mar Nero per implicito divieto della stessa convenzione che non prende nemmeno in considerazione la regolamentazione del loro accesso, si trova alla fonda al largo delle coste greche.

Al vertice del G7 nessuno dei partecipanti ha osato accennare alle grandi manovre americane sulla crisi Ucraina. Fatta eccezione per la tiepida adesione di Italia e Germania, tutti gli altri Paesi europei presenti – Francia e Regno Unito – hanno accolto con entusiasmo la linea proposta da Barak Obama. A Canada e Giappone non gliene può fregare di meno, per loro quello che fanno gli Stati Uniti è sempre ben fatto.

Riccardo Gueci

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