Università, studenti protestano contro test d’ingresso «Non danno a tutti le stesse possibilità di accedere»

I test d’ingresso rappresentano un ostacolo da superare a volte insormontabile per gli studenti, e non sempre le ragioni riguardano la mancanza di un’adeguata preparazione. Per molti giovani esiste anche un ostacolo di tipo economico che persiste anche se si passano le selezioni e si traduce nell’impossibilità di ottenere un alloggio o di spostarsi per raggiungere l’Università. Questi i temi sui quali hanno posto l’accento stamani, già dalle prime ore della mattinata, gli studenti universitari che hanno protestato contro lo svolgimento dei test d’ingresso delle facoltà di psicologia, servizio sociale scienze motorie e lingue. Le aspiranti matricole, in procinto di svolgere i test, si sono trovate davanti decine di studenti con volantini e megafono che hanno espresso la loro netta contrarietà allo sbarramento dei test d’ingresso bollandolo come «furto legalizzato».

«Non è il primo anno che portiamo avanti questa protesta. Per noi i test d’ingresso dovrebbero essere aboliti, anche quelli che sembrano più impensabili da eliminare come le selezioni di Medicina – spiega Tiziana Albanese portavoce del Box 3 autogestito di Lettere e Filosofia – a fisioterapia ad esempio ci sono venti posti e 2000 persone che provano ad entrare: per noi invece il diritto allo studio è il diritto d’accesso». Chi protesta intravede una speculazione economica dietro l’istituzione dei test: «Il bollettino costa 55 euro per ogni corso di laurea – aggiunge Albanese –  e chi prova più test può pagare anche 200 euro. Senza contare chi si iscrive ai corsi preparatori che può arrivare a spendere oltre i duemila euro e comprare testi su cui studiare. Quindi spesso la possibilità di accesso è legata anche alle maggiori possibilità economiche».

Per gli studenti che oggi hanno preso parte alla manifestazione non vale nemmeno «la giustificazione l’università non ha abbastanza fondi: anche se questa cosa fosse vera non può gravare sugli studenti. Molti anche se passano lo sbarramento poi, se vengono dalla provincia o abitano lontano dall’università, hanno problemi con l’affitto che qui costa dai 180 ai  200 euro al mese, esclusi bollette e condominio, o a muoversi anche all’interno della città dove un abbonamento Amat costa 35 euro». L’innalzamento della soglia ISEE per la borsa di studio e l’abolizione della figura dell’idoneo non beneficiario (per mancanza di fondi), per chi protesta sono solo alcuni degli obiettivi minimi che gli enti per il diritto allo studio dovrebbero perseguire per garantire un’università che sia davvero alla portata di tutti. «In condizioni particolarmente difficili vivono gli studenti pendolari che non fruiscono di alcun supporto per le spese di trasporto e quelli fuori sede, che spesso rimangono esclusi dall’assegnazione di posti alloggio e sono costretti a rivolgersi al mercato degli affitti afferma la studentessa. 

Nel corso della protesta, oggetto di analisi e di critica è stata anche anche la particolare e specifica situazione che caratterizza gli atenei del Sud, «le Università del Mezzogiorno e sopratutto quelle siciliane sono le maggiormente definanziate e, ahinoi, il principale effetto della mancanza di risorse e investimenti si risolve nell’emigrazione di studenti e ricercatori verso i poli settentrionali ed esteri. Lottare per il diritto allo studio nella nostra terra significa anche fermare l’emigrazione forzata giovanile» conclude la studentessa.  La protesta non si fermerà oggi ma continuerà in occasione di ogni test d’ingresso.

Stefania Brusca

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