Università, sei idonei su 10 non ricevono borse di studio Direttore Ersu: «A lungo è stato un carrozzone politico»

Si è parlato di Sicilia e diritto allo studio, ieri alla villa Bellini di Catania, durante la terza giornata della festa nazionale de l’Unità. Il sapere fa cittadini. Più servizi e più risorse per il diritto allo studio, è stato il tema dell’incontro. Ma quali servizi e quali risorse, in Sicilia, per garantire «una scuola aperta a tutti», come recita la nostra Costituzione? Al dibattito hanno preso parte i rappresentanti degli enti regionali per il diritto allo studio universitario, la responsabile Scuola, Ricerca e Università per il Pd in Sicilia, Caterina Altamore, e Bruno Marziano, deputato all’Assemblea regionale e assessore alla Formazione.

Secondo i docenti che rappresentano gli Ersu – enti che operano sotto la vigilanza dell’Assessorato regionale ai Beni culturali e della Pubblica Istruzione – per contribuire al potenziamento e alla diffusione degli studi universitari, le idee ci sono, ma mancano le risorse. Le maggiori criticità riscontrate dagli atenei dell’Isola, e su cui i responsabili assicurano di aver fatto dei passi in avanti, riguardano la messa in sicurezza delle residenze universitarie, attraverso interventi che possano garantirne l’antisismicità, e la scarsa disponibilità di strutture adibite a mense.

Nodo dolente, su tutti, è poi rappresentato dalla carenza di borse di studio. Secondo i rappresentanti degli studenti universitari presenti all’incontro, infatti, i sussidi non sarebbero sufficienti né numericamente, né in relazione agli importi. I ragazzi definiscono «un vero dramma» la situazione dello studente idoneo all’ottenimento della borsa, ma che ne rimane privo per carenza di fondi. E, stando alle conferme degli stessi presidenti Ersu, le cifre sono di quelle che inevitabilmente incidono negativamente sulla garanzia dell’uguale accesso allo studio: in media, solo il 40 per cento degli idonei, in Sicilia, riceve la borsa di studio, con picchi più allarmanti a Palermo, dove la stima si ferma al 29 per cento.

Al suo secondo mandato come presidente dell’Ersu di Catania, è Alessandro Cappellani a parlare per primo del percorso fatto. «Quando mi sono insediato, ho avuto la sensazione di ritrovarmi in un grande carrozzone politico. Era evidente che fino a quel momento la gestione dell’Ente fosse stata partitica. Le mense erano chiuse e gli edifici destinati a residenze universitarie erano fatiscenti, periferici e inspiegabilmente costosi. Le code per le borse di studio interminabili», ha spiegato il docente. Ancora più complessa la situazione denunciata da Sergio Severino, rappresentante dei docenti dell’Università privata Kore, che sottolinea come l’Ersu di Enna non disponga di un patrimonio immobiliare. «Per l’Assemblea regionale l’università di Enna non esiste. E per questo, non abbiamo diritto ai finanziamenti riconosciuti a tutte le altre università», commenta il professore.

A Palermo, Alberto Firenze, presidente Ersue vicepresidente Andisu (l’associazione nazionale che riunisce tutti gli organismi del diritto allo studio) fa luce su un altro problema che riguarda le università siciliane: la necessità di un piano di internazionalizzazione. «I nostri studenti abbandonano l’Isola perché trovano maggiormente attrattive le università del nord. Questo perché lì i servizi sono migliori. Perché gli atenei sono in grado di curare reti di contatti con le aziende e dunque rendono più rapido l’accesso al mondo del lavoro», spiega il docente. Per Firenze l’obiettivo sarebbe quello di invertire la tendenza, «trattenere qui i nostri ragazzi e rendere attrattive le nostre università per gli studenti settentrionali ed europei». E annuncia, a riguardo, gli stati generali europei per il diritto allo studio, che si terranno a Palermo nel mese di settembre.

A spostare il dibattito sulla scuola è la responsabile Istruzione per il Pd in Sicilia, Caterina Altamore, che sottolinea come la Sicilia sia l’unica regione a non avere un piano per il diritto allo studio. «Non possiamo parlare di diritto allo studio senza considerare la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, perché è da qui che devono essere garantiti tutti quei diritti che consentiranno ai ragazzi di accedere un giorno alla formazione universitaria. Così come non si può parlare di diritto allo studio – spiega Altamore – senza parlare di disabilità. Dobbiamo garantire a tutti l’accesso all’istruzione». Altamore torna poi su una sua vecchia battaglia, quella del tempo pieno nelle scuole primarie e del tempo prolungato nelle scuole secondarie, che reputa il migliore strumento contro la dispersione scolastica. «In Sicilia – attacca, riprendendo i dati pubblicati nei giorni scorsi da MeridioNews – solo l’8 per cento degli istituti della scuola primaria garantisce il tempo pieno, a fronte di una media nazionale del 29 per cento e dell’esempio virtuoso rappresentato dalla Lombardia, dove l’offerta del tempo pieno si attesta al 48 per cento degli istituti scolastici».

E la Regione cosa può fare? A chiudere l’incontro è l’assessore regionale Marziano, che spiega come le risorse per l’istruzione in Sicilia ci siano, grazie ai nuovi accordi con il governo e ai fondi europei. I principali impegni dell’Assemblea per la nuova legge, saranno, garantisce l’assessore, quelli dell’edilizia scolastica e della dualità scuola-lavoro.«Abbiamo introdotto per la prima volta, come requisito essenziale per ottenere i fondi per la ristrutturazione delle scuole, quello della obbligatorietà degli interventi volti a garantirne l’antisismicità. I Comuni – continua Marziano – per ottenere i finanziamenti devono iscriversi all’anagrafe edilizia scolastica. Senza la previsione di interventi specifici le scuole non ottengono fondi e questa limitazione ha portato già grandi risultati nell’adeguamento dell’edilizia scolastica». Per tutto il resto l’assessore confida «in due disegni di legge allo studio in commissione, necessari per stabilire chi deve fare cosa, visto il nuovo riparto di competenze Stato-Regioni-Enti Locali. La promessa al popolo siciliano – conclude – è quella di farli diventare legge entro dicembre».

Flavia Musumeci

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