Non è andata proprio come se l’erano immaginata qualche settimana fa, mentre aggiustavano le ultime immagini da inserire nel power point e avvisavano contenti parenti e amici. Niente pubblico né festeggiamenti per gli esami di laurea degli studenti dell’Università di Palermo che oggi hanno esposto a turno i propri lavori davanti alla commissione in una lunga aula piena di sedie vuote.
Dopo le recenti notizie sui tre turisti bergamaschi positivi a COVID-19, le misure preventive adottate dall’Università di Palermo non si sono fatte attendere. Nel primo pomeriggio di martedì studenti e professori hanno ricevuto via mail le nuove direttive dal rettore Fabrizio Micari: lezioni sospese fino al 9 marzo, esami a porte chiuse, ricevimento degli studenti solo a distanza, chiuse le aule studio e le sale lettura. «Mai ho visto tanta tristezza a un esame di laurea» commenta una mamma, in sosta fuori dalla porta mentre la figlia, laureanda, espone alla commissione il suo elaborato nell’aula deserta. «Vedere tutte le persone fuori, con i laureandi che entrano ad uno ad uno fa un po’ strano» afferma il fratello di una studentessa.
Per i laureandi tutto sommato va bene anche così. «A me non cambia niente – ammette Chiara – ho fatto sempre tutto da sola». Qualcun altro però rimpiange l’assenza di amici e familiari «Io ieri ho pianto – spiega Roberta – sono legatissima ai miei genitori, sono un punto di riferimento molto importante per me» mentre un’altra laureanda non si perde d’animo «I miei sono fuori – afferma Vanessa – infatti adesso andiamo a stappare una bottiglia di spumante da qualche parte». Nonostante le direttive, alcuni genitori non hanno voluto rinunciare completamente alla giornata e dopo aver già spostato impegni e lavoro, si sono presentati ugualmente e dal corridoio hanno scattato qualche foto ai figli. «Avevo già preso dei giorni liberi da lavoro – spiega un papà – un po’ deluso di non poter fare più di tanto, ma va bene così è sempre una grande soddisfazione».
Tra gli studenti il clima è sereno, si chiacchiera e ci si confronta nel corridoio come prima di qualsiasi altro esame. Entrano in aula uno alla volta con in mano la carta d’identità e il computer. Il proiettore però rimane spento: ai professori, i soli in aula, basta guardare dal pc. L’esposizione dell’elaborato si consuma in una decina di minuti e oltrepassata la soglia della porta arriva qualche abbraccio. «Penso sia poco utile questo provvedimento preso – afferma Sabrina – perché qui siamo comunque tutti ammassati nei corridoi. Nel momento in cui entriamo se io l’ho preso da qualcuno lo passo al professore e così via». Lo stesso ragionamento si legge su Facebook tra gli sfoghi di alcuni studenti «Sono d’accordo sullo slittamento delle lezioni – scrive Marta – meno sul mantenimento degli esami, anche se a porte chiuse. Non sarebbe stato meglio far slittare anche quelli di una settimana? Gli studenti che si recheranno a sostenere l’esame, anche in attesa fuori dall’aula, non rischiano comunque di contagiarsi a vicenda? Stesso discorso per le lauree, tralasciando la tristezza di non poter condividere la proclamazione con i propri familiari, anche in quel caso, pur non affollando l’aula, vi sarebbe pericolo. Rinviare tutto, senza eccezioni, mi chiedo, non era proprio possibile?».
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