Riorganizzazione amministrativa e riforma dello Statuto. L’Ateneo di Catania si avvia verso un deciso processo di cambiamento delle proprie regole, in una revisione annunciata dal rettore Giacomo Pignataro anche nell’intervista rilasciata a CTzen a giugno. Le novità dell’amministrazione verranno presentate oggi in un’assemblea che si terrà alla Cittadella, mentre le modifiche alla carta statutaria (varate nel corso della seduta del 22 luglio) sono adesso al vaglio dei consigli di dipartimento.
Sullo Statuto, che al momento della sua approvazione ha vissuto una turbolenta discussione culminata in un ricorso da parte del ministero dell’Istruzione, si concentrano le obiezioni avanzate dal Coordinamento unico d’ateneo. Molte le modifiche viste di buon occhio dall’istituzione della consulta degli studenti, alla diminuzione della durata del contratto del direttore generale da cinque a tre anni, passando per l’inserimento delle norme che regolano la Scuola superiore ma anche qualche elemento che solleva «indubbie criticità».
Secondo i docenti che fanno parte del Cuda, la modifica che potrebbe comportare maggiori problematicità è quella relativa alla presenza nel Senato accademico di tutti i 18 direttori dei dipartimenti. Una maniera per «coinvolgerli nelle scelte di governo», secondo il rettore. La restaurazione del «sistema gerarchico delle facoltà e dei presidi, con in più un aumento della concentrazione dei poteri», secondo il Coordinamento. Per i membri «si tratta di un modello che per espressa volontà del legislatore, manifestata nella legge 240/10, è assolutamente superato sostengono Ne è prova schiacciante il fatto che in ambito nazionale tale soluzione sia applicata appena e in soli tre casi, Perugia, Siena e Udine».
Un sistema in controtendenza, dunque, aggravato dal potenziale potere affidato a persone nominate grazie a pochi voti. I direttori dei dipartimenti, infatti, vengono eletti a maggioranza assoluta dei votanti nella prima tornata e a maggioranza relativa nella successiva. Per rendere valida la votazione, è sufficiente che abbia espresso il voto un terzo degli aventi diritto. In questa maniera, ipotizzano, «un direttore eletto con undici voti rappresenterebbe in realtà 60 docenti». Una posizione strategica, quella dei direttori, che avrebbe anche facoltà di votare i membri del Consiglio d’amministrazione. «La seconda pesante novità proposta riguardante la governance è proprio questa proseguono i professori del Cuda I membri del CdA verranno nominati dal Senato accademico». Secondo il modello in vigore, «i consiglieri di amministrazione interni sono nominati dal rettore su una rosa di candidati formalmente eletti dai dipartimenti».
Il terzo punto da modificare, secondo il parere dei membri del Coordinamento, riguarda la rappresentatività in Senato. Con la nuova proposta, gli ordinari 375 su un totale di 1381 docenti in servizio a Unict avrebbero il 70 per cento dei seggi, mentre il resto del corpo docente si fermerebbe al 30 per cento, «la rappresentanza per ceti capovolta, come prima della nascita del parlamenti moderni».
La posizione dei promotori del Cuda si può dunque riassumere nella frase «cercasi contrappesi disperatamente». Tre le proposte di modifica avanzate: elezione diretta dei membri del CdA, mantenimento di 14 rappresentanti di area nel Senato diversi dai direttori di dipartimento, estensione dellelettorato passivo per la carica di direttore di dipartimento a tutte le categorie di docenza. «La costruzione di un sistema avanzato e reale di pesi e contrappesi e la creazione di una comunità che operi nel segno di una condivisione responsabile e matura non sono ammennicoli o ghiribizzi ideologici conclude il Cuda Esse sono al contrario la garanzia duratura di efficienza e democrazia, elementi fondamentali per il futuro di uno dei più grandi atenei del meridione dItalia».
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