Unict, settimana decisiva

Due fantasmi si aggirano tra i loggiati del Palazzo Centrale dell’antico “Siculorum Gymnasium” fondato nel 1434 da Alfonso d’Aragona: la stangata sulle tasse d’iscrizione per rimediare ai tagli che il Governo sta imponendo al sistema universitario e la scelta amletica sull’applicazione del numero programmato e dei test di ammissione in tutte le facoltà. L’opinione studentesca, dopo anni di acquiescenza, disinteresse e conformismo condizionato dalla caccia al CFU, si è risvegliata in questi giorni e comincia a fare i conti (è il caso di dirlo) coi cambiamenti annunciati.

L’aumento delle tasse era stato da gran tempo annunciato: sia nella conferenza stampa di fine anno del Rettore ai microfoni di Radio Zammù, sia nella relazione introduttiva, ribattezzata “lacrime e sangue”, all’assemblea del 9 aprile con la quale si è sostituita la tradizionale inaugurazione dell’anno accademico, che da qualche anno non è più né parata né festa. Il Rettore Antonino Recca era tornato ad insistere sulla criticità del momento, sui tagli imposti dal Ministero che avrebbero costretto l’Ateneo catanese a un aumento rilevante delle tasse universitarie. Sulle concrete ripercussioni della finanziaria 2010 il rettore non si era sbilanciato: «È presto per disegnare un quadro allarmante. Siamo fiduciosi sul fatto che possano essere integrati i finanziamenti…».

A meno di due mesi di distanza, il quadro generale si è invece fatto ancora più cupo. La percentuale media dell’aumento è stata annunciata nel corso dell’ultima riunione della commissione paritetica per la didattica: più 38%. Martedì 26 la commissione tornerà a riunirsi con la partecipazione di tutti i rappresentanti. Da parte degli studenti la richiesta minima è la rimodulazione delle attuali fasce di reddito da 5 a 9.
Nel frattempo una prima assemblea è stata indetta da rappresentanti e movimento studentesco lunedì 24 mattina a Scienze politiche.

Ma anche con questo sostanzioso aggravio delle tasse d’iscrizione, c’è chi dice che i conti non tornano. Già un anno addietro s’era fatta una stima di massima. Nel giugno 2009 il professor Cozzo non si era sottratto alle domande:  «Viene richiesto un minimo di docenti di ruolo – aveva spiegato a Step1 il delegato alla didattica – e il numero massimo di iscritti è stabilito in relazione a quanti docenti di ruolo sono impegnati in quel determinato corso. La numerosità massima varia da 80 a 300 a secondo della classe di lauree. È un meccanismo un po’ complicato: il rapporto tra numero di docenti e tetto massimo delle iscrizioni varia non solo per corso ma anche per classe. (…) Se la domanda è di 1000 studenti e la nostra capacità di accoglienza è di 500 studenti, a 500 dovremo dire che non c’è posto».  

Si è stimato che l’applicazione rigida della 270 (decreto 22 ottobre 2004), con l’adozione del numero programmato e dei test di ammissione al primo anno in tutte le facoltà, comporterebbe la necessità di lasciar fuori circa tremila matricole. Questa cura dimagrante appare inevitabile per adeguarsi ai “requisiti necessari” imposti dal Ministero, visto che l’Ateneo, salvo pochi casi, non potrà aspirare ai “requisiti di qualità”. Leggermente più ottimistico il Rettore (nell’intervista a Radio Zammù): «Una volta attuato il numero programmato in tutte le facoltà, Catania perderà circa il venti percento degli studenti al primo anno. Però, se siamo bravi, potremmo perdere quel venti percento di studenti che abbandonano entro i primi quattro mesi». 

Il bilancio dell’Ateneo potrà sopportare una così consistente diminuzione del numero di immatricolati? La domanda viene soprattutto dai presidi delle facoltà costrette a una cura dimagrante più drastica. E, da alcune parti, anche se ancora nessuno l’ha detto apertamente, si fa strada l’ipotesi di applicare la 270 senza numero programmato.

Si può davvero aggirare il numero chiuso? Quali sarebbero in tal caso le ripercussioni sulla validità legale dei corsi? La questione – spinosissima – verrà affrontata nel prossimo Senato accademico, la cui riunione dovrebbe essere confermata per venerdì 28 maggio. Mentre è certo il differimento del Consiglio d’Amministrazione a venerdì 4 giugno.

Il calendario dei test di ingresso per tutte le facoltà era già stato varato e in tutte le facoltà sono al lavoro le commissioni per la definizione delle prove d’accesso. Si tratta adesso di vedere se il Senato accademico darà il via libera all’applicazione integrale dei requisiti necessari.

Insomma, siamo entrati in una settimana di fuoco. Dinanzi all’aumento delle tasse e alla questione del numero programmato, passa in secondo piano persino la questione del decentramento. Al momento il progetto del quarto polo sembra essersi smarrito tra le nebbie dell’altopiano di Enna, nei pressi del Castello di Lombardia. L’attivazione delle iscrizioni al primo anno nella sede di Ragusa resta legata alla definizione di una nuova convenzione col Consorzio locale.

Frattanto, mercoledì 26, si terrà la prima riunione della “commissione organizzazione”, presieduta dal preside di Lettere e filosofia, Enrico Iachello, ed integrata dal delegato alla didattica prof. Cozzo e dal prof. Pignataro, incaricata di avviare la riorganizzazione di tutte le strutture dell’Ateneo: dipartimenti e facoltà. È lecito attendersi dall’amministrazione centrale dell’Ateneo ragionamenti che spieghino serenamente all’opinione studentesca il senso di scelte comunque controverse, evitando un vizio tipico dei momenti difficili: dissimulare i problemi, evitare le discussioni, ignorare le critiche.
Secondo alcune prime indiscrezioni la manovra finanziaria, confermerebbe il prolungamento del blocco del turn over nelle assunzioni nella pubblica amministrazione fino a tutto il 2014 e i tagli al fondo di finanziamento ordinario dell’università verrebbero prolungati nel tempo, arrivando al 2015. Sarà vero? «Un bel giorno questa guerra finirà», come disse il Colonnello Kilgore in Apocalypse Now.

Agata Pasqualino

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