Unict, presentazione del Magma festival Il cinema iraniano e il neorealismo italiano

 «Il cinema iraniano è molto vicino al Neorealismo italiano perché entrambi oltre alla forza della semplice narrazione hanno la capacità di creare empatia tra la pellicola e lo spettatore, mettendo quest’ultimo nelle condizioni esistenziali e nei tempi descritti sullo schermo». Con queste parole esordisce Babak Karimi, attore e montatore di origine iraniana, che ha presieduto l’incontro di presentazione del Magma festival – del quale è presidente di giuria – tenutosi ieri pomeriggio presso l’ex Monastero dei Benedettini e moderato da Alessandro De Filippo, docente di storia e critica del cinema del corso di laurea in Lettere moderne.

Il Magma festival si tiene presso il Multisala Margherita di Acireale dal 28 al 30 novembre. Nella kermesse, dedicata al cortometraggio d’autore e giunta alla dodicesima edizione, 37 dei 630 cortometraggi iscritti quest’anno e provenienti da 56 Paesi, si contendono il premio finale Lorenzo Vecchio, dedicato ad uno dei fondatori dell’Associazione culturale Scarti, scomparso prematuramente nel 2005. Ci saranno anche quattro menzioni speciali, una per ogni sezione del festival: animazione, cinema sperimentale, documentari, narrativa.

L’artista iraniano – Orso d’Argento a Berlino come miglior attore per Una separazione (2011, di Asghar Farhadi), film che a sua volta è vincitore del Premio Oscar per il Miglior film straniero e dell’Orso d’Oro a Berlino –  davanti ad una platea giovanissima e folta di studenti universitari, non ha affrontato soltanto il tema del rapporto tra il Neorealismo italiano e il cinema iraniano. Ha raccontato dei propri esordi cinematografici, della figura del regista e del sadismo con cui spesso questi viene rappresentato. E ancora, ha discusso della complessità del ruolo dell’attore al di là della parte specifica che gli viene chiesto di interpretare, della vicinanza dei film alla vita quotidiana, dei limiti della filmografia e anche del rapporto tra censura e libertà di pensiero, in particolare in Iran.

Alla conferenza Karimi incanta gli studenti del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Catania: «Quando la mia generazione aveva la vostra età studiava il cinema mentre assisteva alla sua morte. Si parlava di digitale, ma ancora non lo si poteva sperimentare e noi ragazzi ci consideravamo una generazione sfortunata perché credevamo che le storie erano già state tutte raccontate, così come le ricerche stilistiche tutte scoperte. Tutto ci sembrava la ripetizione di tutto», e continua: «Presto però ho capito che si poteva fare ancora cinema. Come farlo? Semplice, efficace, economico e soprattutto iraniano e così, arrangiandomi con pochi soldi, ho girato e distribuito il mio primo film ed è stato un successo per la critica».

Interrogato poi da De Filippo sul nesso tra la stagione d’oro del cinema italiano del secondo dopoguerra e il cinema della sua terra d’origine, Karimi racconta: «Una volta ho sentito dire che alcuni film risvegliano sentimenti dimenticati ed ho capito che questa è la chiave e l’anello di congiunzione tra le due stagioni cinematografiche, lontane eppure vicine. Il neorealismo italiano – aggiunge – ha nutrito tante generazioni con la sua semplicità e il cinema iraniano ha ripreso laddove il primo si è fermato».

La filosofia cinematografia di Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e molti altri è stata, dunque, molto apprezzata in Iran perché la gente comune riusciva a rivedersi con facilità nei personaggi e nella situazione socio-politica descritti. «L’Iran è stato in guerra con l’Iraq per otto anni e i morti sono stati più di un milione da una parte e dall’altra. Dopo la guerra il Governo ha indetto e supportato una vera e propria campagna di aumento delle nascite e la grande presenza di bambini ha giovato anche al cinema iraniano che di loro ha fatto i suoi principali personaggi per molti anni: con gli occhi dei piccoli si potevano raccontare le vicende dei grandi e magari aggirare con più facilità le censure».

Dopo la proiezione di alcuni cortometraggi e brevi sezioni di film di Abbas Kiarostami – regista, attore e sceneggiatore iraniano – Karimi aggiunge: «Il cinema serve anche ad istruire il popolo. E’ successo in Italia dopo la seconda Guerra mondiale ed anche in Iran. Il popolo iraniano nel post-guerra era molto arretrato, era all’abc dell’istruzione sociale e la cinematografia ha contribuito a curare ciò, in un Paese molto popoloso ma con una forte divisione tribale».

Cassandra Di Giacomo

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