UniCt: parte Genus, centro sugli studi di genere Stefania Arcara: «È una totale innovazione»

Per inaugurare un centro interdisciplinare di studi di genere si è scelta una giornata accademica. È con il convegno Corpi reclusi che vedono la luce le attività di Genus, il progetto all’avanguardia dell’università di Catania legato alle questioni di genere. Nato un anno fa all’interno del dipartimento di Scienze umanistiche, Genus sarà presentato domani al Coro di notte dell’ex monastero dei Benedettini. Il debutto in società di «una cosa che non si era mai vista. E che speriamo diventi presto un punto di riferimento». A parlarne è Stefania Arcara, presidente e tra le fondatrici del centro, ma anche docente di Gender studies. Un insegnamento che è partito lo scorso anno e che già adesso ha raddoppiato il numero di iscrizioni tra chi frequenta il Disum. «È una materia a scelta del primo anno di un corso di laurea magistrale: ho 30 tra studenti e studentesse».

«Genus nasce dopo diversi anni di didattica nascosta», racconta Arcara. Parecchie docenti «affrontavano tematiche di genere durante i loro corsi. Inserivano questi temi nei programmi, anche approfondendoli, ma senza uno spazio definito». A crearne uno sono state per prime alcune professoresse di Lingue, «e forse non è un caso che fossero tutte professioniste che venivano da esperienze di formazione fatte anche all’estero». A poco a poco, poi, le docenti si sono date una struttura. Grazie alla collaborazione dell’università di Catania e del dipartimento di Scienze umanistiche. A fondare Genus sono state, oltre ad Arcara, Adriana Di Stefano (insegnante di Diritto internazionale), Anita Fabiani (Letteratura spagnola), Maria Grazia Nicolosi (Letteratura inglese e Gender studies), Carminella Sipala (Letteratura francese) e Francesca Vigo (Lingua inglese). Socia onoraria è la storica e femminista etnea Emma Baeri.

«La prospettiva è interdisciplinare. Ci occupiamo di materie e abbiamo competenze molto diverse. E così saranno i contributi che daremo alla ricerca». Un approccio evidente già dal programma della prima giornata di studi, intitolata Corpi reclusi. L’appuntamento è fissato per lunedì alle 9.45. A intervenire, oltre ai docenti e alle docenti del Disum, ci sarà anche Elisabetta Zito, direttrice della Casa circondariale di Catania. «Il corpo recluso è sempre, in qualunque modo si declini la reclusione (reale o simbolica), un corpo sottratto alla visione propria o altrui, opacizzato, negato, o anatomicamente subìto e, in quanto tale, claustrofobico», spiega Anita Fabiani, ideatrice dell’evento. Domani non si parlerà solo delle donne nelle carceri, quindi, ma anche di intellettuali internate («Spesso dai compagni», precisa Stefania Arcara), di militanze, di transgender e di culture.

«Corpi reclusi è un primo passo. Al quale ne seguiranno certamente tanti altri – anticipa la presidente del centro Genus – Per esempio: stiamo lavorando alla fondazione di una rivista scientifica». Si chiamerà Corpi plurali, sarà edita da Genus e ospitata su spazi digitali messi a disposizione dall’università di Catania. «Sarà la prima pubblicazione accademica online edita da UniCt e si prevede un’uscita annuale – conclude Arcara – Servirà a dare uno sbocco agli atti dei convegni che organizzeremo e al nostro lavoro di ricerca. Sarà il nostro modo per condividere i risultati che otterremo con tutta la comunità scientifica. Un altro esperimento, un’altra totale innovazione».

Luisa Santangelo

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