Unict, linee guida comportamentali sospese Dietrofront del Cda, vittoria della Cgil

Il Consiglio d’amministrazione dell’Università di Catania alla fine ha dovuto cedere. Le tanto contestate linee guida comportamentali in caso di apertura di procedimenti disciplinari (approvate il 28 settembre) sono state sospese con un voto all’unanimità durante la seduta del 30 novembre. Il provvedimento era stato disegnato per evitare «interferenze esterne» nel corso dei procedimenti disciplinari regolati ai sensi della legge 240/2010 (la cosiddetta legge Gelmini). No a pubblici dibattiti, assemblee di docenti e relazioni con i mezzi di informazione per i docenti sottoposti a procedimento. Per i trasgressori la pena prevista era di sei mesi di sospensione dello stipendio e tutti gli effetti di legge conseguenti.

Fin dalla sua approvazione erano stati numerosi gli appelli e le critiche al provvedimento, a cominciare da quelle provenienti dal Coordinamento unico d’Ateneo. «Una pura e semplice vergogna per qualsiasi istituzione di un paese che voglia dirsi civile», l’avevano definito. In breve tempo, le contestazioni hanno varcato i confini etnei con tanto di petizioni online e articoli e prese di posizioni ufficiali. Anche i sindacati hanno ben presto preso posizione contro il provvedimento difeso, in primis, dal rettore Antonino Recca. Durante un incontro ufficiale il Magnifico aveva promesso che avrebbe valutato l’ipotesi del ritiro delle linee guida. Ma qualche giorno dopo era arrivata la mozione del Senato accademico che limita i poteri del prof. Recca ormai in scadenza di mandato. Una decisione che ha provocato nuove tensioni con i rappresentanti sindacali.

Decisivo per la decisione del Consiglio è stato l’invito della Cgil al ritiro della delibera. «Il Consiglio di amministrazione dell’Università di Catania – si legge nella nota diffusa da palazzo Centrale – ha risposto positivamente, all’unanimità, all’appello della Cgil di sospensione delle linee guida comportamentali nel corso di procedimenti disciplinari a carico di docenti». Marcia indietro, quindi, con un appello indirizzato «al presidente Monti e al ministro Profumo, al fine di sollecitare il Governo nazionale circa l’urgenza di un provvedimento normativo che riporti in capo al Consiglio universitario nazionale (Cun), organo di rappresentanza nazionale dell’intera docenza universitaria, le competenze disciplinari che la riforma Gelmini ha rimesso ai singoli atenei».

Sul tema, nei giorni scorsi, si sono espressi anche i candidati alle elezioni per la poltrona di rettore che si terranno il prossimo febbraio. Per Enrico Iachello «tali linee guida non rappresentano l’intenzione dell’ateneo di schierarsi contro la libertà di espressione, ma soltanto un invito a lasciare operare in serenità i colleghi a cui è stato democraticamente affidato l’ingrato compito di sedere nel collegio disciplinare». Un’interpretazione che sostiene l’autonomia di chi si trova costretto a decidere della sorte dei colleghi, dunque, evitando interferenze esterne. «Non ho alcuna difficoltà oggi a valutarne la sospensione», con l’auspicio – promosso anche dal Cda del quale il docente fa parte – che le competenze disciplinari ritornino al Cun.

Anche Giuseppe Vecchio ha proposto una sospensione, una «sorta di semestre bianco» almeno nella fase più intensa della campagna elettorale. Sul provvedimento, «ritengo che molti degli aspetti affermati nella stessa delibera appartengono al quadro generale dei principi che reggono e garantiscono qualunque procedimento “giustiziale” e che, pertanto, sarebbe stato inutile ribadirli se non in presenza di qualche forzatura “mediatica” avvenuta nei mesi scorsi da parte di qualche collega».

Più netta la posizione di Giacomo Pignataro: «La delibera sulle linee guida comportamentali è un provvedimento sbagliato – ha affermato – in quanto lesivo di diritti e libertà personali. Per tale ragione, che sopravanza, quindi, la mera opportunità di contribuire ad un sereno confronto elettorale, non posso che essere d’accordo con la richiesta di sospensione di quel provvedimento, ribadendo la necessità della sua successiva e definitiva revoca».

Carmen Valisano

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