Il nuovo statuto dell’Università di Catania entrerà ufficialmente in vigore il 15 dicembre. Ma anche stavolta – come nel corso della travagliata vicenda che ha portato alla sua nascita a inizio anno e approvazione nello scorso luglio – non sono mancate le polemiche. A suscitare gli ultimi malumori è stata la decisione dell’amministrazione centrale di emanare il decreto per l’attuazione dello Statuto ignorando una nota inviata all’ateneo catanese dal Miur, a firma del direttore generale dell’università Daniele Livon. Un documento in cui 18 dei 43 articoli che compongono lo statuto sono stati oggetto di richiesta di revisione più o meno parziale in quanto, secondo il Ministero, contrastanti con le norme della legge 240/2010 Gelmini. Rilievi che il rettore, però, non riconosce come ufficiali.
Eppure alcuni degli appunti del Miur, denuncia il Coordinamento unico d’ateneo in una lettera, «vertono su aspetti centrali del funzionamento dellUniversità e del sistema di pesi e contrappesi che dovrebbe regolare le relazioni tra i suoi organi di governo». Ma sopratutto, ricordano, alcuni tra gli articoli bocciati riguardano proprio quei punti su cui nei mesi scorsi è infuocato il dibattito all’interno della comunità accademica etnea. Punti dello statuto dichiarati non a norma con i dettami della legge Gelmini e per cui sono state avanzate richieste di revisione da parte di docenti, ricercatori e studenti che chiedevano più democrazia. I rilievi proposti – alcuni dei quali ospitati anche sulle pagine di Step1 – sono stati però «spavaldamente ignorati», dicono dal Cuda. Nello specifico, i punti segnalati dal Coordinamento riguardano l’esercizio autoritario dei poteri di disciplina, la decadenza del senato accademico in caso di sfiducia nei confronti del rettore – dichiarata illegittima dal Ministero -, la quantità e la qualità di rappresentanza negli organi del personale tecnico-amministrativo e degli studenti, con violazione della legge che impone il 15 per cento di rappresentanza studentesca e, infine, le modalità di composizione del Consiglio d’amministrazione affidate, quasi esclusivamente, alle mani del rettore. Punti antidemocratici, per il Cuda, e frutto della scarsa apertura al dibattito e alla partecipazione da parte dell’università etnea.
Una polemica nata già a partire dalla nomina in tutta fretta della stessa commissione statuto, contestata in consiglio d’amministrazione e tacciata di illegittimità in senato accademico. Allora quattro presidi, tra cui quelli di Lingue e Giurisprudenza puntarono il dito contro il rettore, accusandolo di aver presentato una lista «blindata» e di aver violato le regole procedurali. Forti contestazioni non sono mancate poi all’emanazione di una prima bozza che, nel giugno scorso, sanciva «troppo potere al Magnifico». Proseguendo con l’iter dei lavori, il rettore ha ignorato la burrasca e il 21 luglio lo statuto è stato approvato – sebbene con il voto contrario di quattro consiglieri e cinque senatori accademici – e inviato al ministero per ricevere le eventuali richieste di rettifica.
E il Miur adesso, quasi allo scadere del termine dei 120 giorni previsti dalla legge, risponde presentando osservazioni e richieste di modifica con una nota del 24 novembre a firma del direttore generale dell’università Daniele Livon. Il Magnifico Antonino Recca, però, sulla base di un parere legale chiesto ad «illustri giuristi, tra cui il prof. Felice Giuffrè» non ritiene legittima la lettera del ministero perché, oltre ad essere pervenuta a termini di legge già scaduti, non avrebbe validità legale in quanto non inviata direttamente dal ministro, ai sensi della legge 168/1989, ma dal Miur. La nota di Livon, quindi, ha solo il valore di una serie di «considerazioni e suggerimenti», taglia corto il rettore. Nessun «decreto ministeriale contenente rilievi di legittimità e di merito». Recca quindi procede all’attuazione dello statuto, approvata con delibera del senato accademico il 28 novembre e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 30 dello stesso mese. Procedura obbligata, come si legge nel testo della deliberazione del senato, poiché, «accertata l’assenza di validi rilievi del ministro», la mancata tempestiva emanazione dello statuto contribuirebbe a «determinare una lesione dell’autonomia dell’ateneo». I «suggerimenti» del Miur, invece, saranno analizzati dalla professoressa Ida Nicotra, delegata al settore Modifiche statuto, regolamenti e contenzioso, affinché prospetti «eventuali modifiche statutarie da sottoporre, in una prossima adunanza, al vaglio degli Organi di governo competenti». Come prevede lo statuto.
Secondo il Coordinamento unico, però, il parere legale ricevuto dall’ateneo sui termini e sulla legittimità della nota inviata dal ministero su alcuni punti risulta essere contraddittorio. Scrivono infatti che «è opinabile che il termine dei 120 giorni per il controllo sia scaduto e che esso fosse perentorio visto che la legge 240, diversamente dalla 168/1989, non lo dice espressamente». Discutibile, sempre secondo il CUdA, è anche «che la dirigenza ministeriale non abbia titolo per effettuare rilievi o chiedere modifiche», in quanto previsto dalla stessa legge. Il rettore Recca replica asciutto: in merito alla questione «fa testo la delibera integrale approvata all’unanimità da senato e cda». E sul punto, per il momento, «non c’è altro da aggiungere».
Secondo il Cuda, che definisce grave la situazione in cui versa l’ateneo, la scelta del rettore «disegna un quadro ben oltre la soglia di allarme. La bocciatura dello statuto – scrivono i ricercatori – è il riflesso di una classe dirigente chiusa e arroccata in unidea di potere feudale». E rilanciano con una proposta: «La nomina democratica e condivisa di una nuova commissione per lelaborazione dello statuto realmente scelta dal basso e non frutto di cooptazioni da parte di gruppi dinteresse». In merito alla nota del Miur «ignorata», infine, il coordinamento ritiene «irresponsabile esporre lateneo ad un contenzioso inutile e rischioso (se non perdente), che avrebbe come unico effetto un ulteriore danno di immagine per la nostra università».
Dello stesso avviso il Giacomo Pignataro, docente tra i maggiori contestatori del metodo Recca sulla questione statuto e membro dissidente del cda, che, in una lettera indirizzata al rettore e diffusa alla comunità accademica, rilancia la sua posizione dei mesi scorsi. «Adesso non vorrei essere quello che dice “te l’avevo detto” – spiega – ma i rilievi fatti dal ministero vertono sugli elementi più importanti di critica che erano emersi nella fase di dibattito precedente all’approvazione dello statuto». Secondo Pignataro, a soffrire di questa gestione sarà il sistema dei contrappesi, fondamentali per bilanciare il potere all’interno dell’ateneo. «Il mio auspicio – dice – è che si possa andare ad una valutazione ragionata che si basi sui principi di autogoverno, con spirito di apertura, confronto e democrazia ma anche sul punto di vista del corretto funzionamento dell’università».
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