Un robot per aiutare bambini autistici Il software inventato alle falde dell’Etna

Utilizzare un robot per aiutare i bambini affetti da autismo, ma anche gli anziani malati di Alzheimer oppure gli studenti delle scuole in Texas. Tutto questo grazie a una start up nata un anno fa alle falde dell’Etna, Behaviour labs. «Con la robotica siamo come i computer negli anni ’70, manca l’applicativo», spiega il fondatore, Daniele Lombardo. «Ci sono diversi robot più o meno complessi, ma mancano i software». L’idea nasce nel 2012 con l’arrivo di Nao, un prodotto francese. «Non produciamo i robot, li acquistiamo – chiarisce Lombardo – quello che manca sono i contenuti che ne abilitano le funzionalità». Avuto tra le mani il piccolo gioiello tecnologico, «abbiamo studiato come programmarlo».

Pensando anche a quali ambiti rivolgersi «siamo stati colpiti da un’applicazione particolare, quella in ambito medico». Provando ad adattare le specificità della macchina e dei software alle patologie una in particolare è emersa da subito: l’autismo. «Il robot, essendo un catalizzatore di attenzione, ha un potere incredibile sui bambini che ne sono affetti». I piccoli «hanno un interesse particolare per la tecnologia». Inoltre «il bambino autistico è ipersensibile ai cambiamenti di umore – sottolinea il creatore di Behaviour labs – Anche un gesto diverso dal solito lo manda in sovrastimolazione». Quale soluzione migliore che un «surrogato dell’essere umano»? «Quello che in teoria è un difetto – l’assenza di reazioni e di coscienza – si colloca come elemento positivo», afferma con semplicità lo sviluppatore.

La schermata di RoboMate

Ma come fa il robot – e, soprattutto, il software catanese – a essere così d’aiuto? «Ci sono già sistemi utilizzati in campo medico, ma sono molto complicati e i dottori devono diventare anche programmatori», dice sorridendo. «Mancava una cosa fondamentale: un’interfaccia semplice per medici e genitori». La soluzione si chiama RoboMate, «una piattaforma che con pochi clic consente di impostare la terapia». Sulla base dell’anamnesi e del programma di lavoro, il terapista imposta la routine da far eseguire al piccolo paziente. «Il robot fa realizzare degli esercizi, ma nel frattempo registra le reazioni del bambino». Questo permette di creare in tempo reale un dossier, consultabile dai medici e dai genitori. «Tutto questo finora mancava».

Una volta individuata la strada «abbiamo approfondito l’argomento in collaborazione con il Cnr». A Messina l’Istituto di fisiologia clinica si occupa nello specifico di autismo, «seguono 30 bambini dai 18 ai 60 mesi per studiare la diagnosi precoce». Il cervello umano è più sensibile ai cambiamenti – nel bene e nel male – nei primissimi anni di vita e quello di persone affette da autismo ha più neuroni, «ma peggio organizzati». «Il nostro è un ausilio alla terapia, ma non una cura», sottolinea più volte Daniele Lombardo. «Il robot crea un canale di comunicazione in maniera più rapida, con un miglioramento del 30 per cento permanente». Riuscire a portarlo a compimento tra i bambini piccolissimi può essere un modo per garantire una qualità di vita migliore.

«L’obiettivo che vogliamo raggiungere con il Cnr è fare una terapia a domicilio». Un elemento considerato fondamentale, date le difficoltà di ambientamento dei bambini affetti da autismo e il loro carattere fortemente abitudinario. «Impostata la terapia, è il genitore a giocare con il bambino». Il target principale al momento sono i bambini fino a 60 mesi, «ma stiamo lavorando anche per robot destinati a bambini più grandi fino ai sei-sette anni». Agli esercizi di riconoscimento delle figure si affiancano «stimolazione per esercizi, compiti, storielle». Il passo successivo è arrivare ai ragazzi più grandi, permettendo loro «di diventare programmatori del robot». Esistono già dei linguaggi di programmazione open source molto semplici (Go, creato da Google e Scratch del Mit di Boston), «li stiamo interfacciando con i robot».

Una sperimentazione, quest’ultima, condotta in collaborazione con un’azienda che

Daniele Lombardo e Nao

costruisce le macchine in Texas. «Quest’estate verrà commercializzato un nuovo robot, Zeno». In prevendita ne sono stati già acquistati quattro, «tre da un Cnr pugliese, uno da un’associazione». Ma negli Stati Uniti l’interesse verso i programmi catanesi è indirizzato all’uso nelle scuole. «In Italia viene considerato fantascienza il tablet, lì cercano già i robot», rileva con amarezza. «Utilizzando i linguaggi open source potremo aprire il mercato ai bambini normodotati». Quello che il padre di un bambino affetto da autismo ha ribattezzato «teoria della scivola». Il passaggio agevolato è stato creato per i diversamente abili, ma quotidianamente viene utilizzato anche da genitori con passeggini, anziani, carrelli. «Lo strumento è identico, diverse sono la metrica e una serie di parametri». Lo stesso vale per Pleo, il dinosauro in grado di aiutare con la pet-therapy sia i piccoli pazienti che gli anziani malati di Alzheimer. «L’approccio è uguale per entrambe le patologie, ma permette di fare esercizi diversi».

Quello che potrebbe sembrare una nota dolente, il lato economico, per lo stupore dello startupper non è un problema. Nel 2012 Nao costava 15mila euro, «ma con nostra sorpresa, le famiglie hanno visto il prodotto come un investimento – continua – il robot permette al genitore a entrare nel percorso terapeutico». La presenza di un bambino autistico ha un forte impatto su un nucleo familiare: uno dei genitori molto spesso è costretto ad abbandonare il lavoro, i costi di assistenza sono elevati e le strutture sanitarie seguono i piccoli per massimo otto anni. «Oggi, infatti, non si parla più di figlio autistico, ma di famiglia autistica. Riuscire ad avere un mezzo che aiuta a giocare, interagire, migliorare le condizioni di vita ha un valore notevole». Oggi il costo del sistema RoboMate è di 1500 euro, ai quali si aggiunge l’acquisto della macchina per un totale di circa quattromila euro. «L’obiettivo per il 2015 è abbattere della metà i costi». Per la terapia di pazienti anziani è in corso un progetto di finanziamento europeo, mentre per i piccoli affetti da autismo «abbiamo un accordo verbale con l’Asp di Catania perché a breve, dopo tre anni di attesa, aprirà un centro diurno per persone autistiche. Un caso unico in Italia», anticipa Lombardo. «Da qui proveremo a inserirlo come dispositivo medico».

Carmen Valisano

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