Un incidente inglese a Tusa

Quando l’Inglese si rivolge a Mimmo, il fruttivendolo di via Popolo a Tusa, chiedendo quanto costa una mela, si sente rispondere: niente, se la scegliesse.

Oggrazzie, prorompono i suoi occhi, sgranati a meraviglia, cominciando un balletto di abbassamenti e alzamenti, da cassetta della frutta a testa tondopelata di Mimmo. Tra parentesi, noi avventori fummo sfiorati dalla paura che in quei momenti di indecisione l’Inglese stesse meditando di afferrare la testa a mela del nostro fruttivendolo.

Ha un fisico che sembra modellato dalle mani di Modì, se non fosse per la canutaggine e per lo strano abbigliamento che la forte tramontana, risalente via Popolo e i suoi marciapiedi, non smuove. Scarpe da ciclista bianche macchiate di fango su fantasmini bianchi macchiati di fango, pantaloncini elastici sopraginocchio blu e rossi, una gamba blu l’altra rossa, maglietta bianca manicacorta con ritratto bianconero della regina Elisabetta, lato pettorali, e stemma prestampato della città di Birmingham: pittrice e maniscalco ai lati di un grande scudo poggiagomiti che nasconde il corpo ma non la mano assassina di un terzo incomodo colto al momento di calare il martello sulla testa della ignara vestale cum tavolozza, lato schiena, guanti ditatagliate bianchi macchiati di fango.

Così si presenta l’Inglese cui sulla natica sinistra si appoggia una bici da passo con bauletto posteriore nero ravvivato da bandiera England. Viene da Birmingham, nativo di Birmingham, ha attraversato Oxford per evitare London, da Brighton a Dover correndo in galleria sotto la Manica, dunque Calais poi Lille e il Luzemburg sino alla Swisse, per evitare la Germania, a Lugano si è scaldato i muscoli sui pedalò del lago in vista della scalata di Dobbiaco, da Rho ha tirato per Carpiano onde evitare Milano, e poi l’Italia che sapete, sino a Montelupo Fiorentino per scartare Firenze, sino a Subiaco per eludere Roma, su per l’Aspromonte sino a Villa San Giovanni senza riuscire a scavalcare Messina e infine, dopo l’unica tappa di riposo a Femmina Morta, dritto sino a Tusa. Oggrazzie la mela se l’è meritata.

 

 

Francesco Gambaro

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