Un catanese va in Cina per diventare programmatore «Continuerò a viaggiare ma tornerò nella mia terra»

Tra dieci talenti selezionati da Huawei c’è pure un ragazzo catanese. L’opportunità è di quelle che fanno toccare con mano il futuro. Un programma di formazione, nato per promuovere merito ed eccellenza tra gli studenti universitari italiani, nel campo dell’Ingegneria elettronica, informatica e delle telecomunicazioni, voluto dal colosso cinese leader globale nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti e soluzioni dell’Itc (Information e communication technology) d’intesa con i ministeri dell’Istruzione e dello Sviluppo economico. Tra i dieci talenti che hanno partecipato alla quarta edizione del Seeds for the Future c’era anche il catanese Francesco Caruso. Ventidue anni, studente di ingegneria elettronica del Politecnico di Milano, Caruso, dopo aver superato una rigida selezione, ha trascorso due settimane in Cina nelle sedi di Huawei

«La prima tappa è stata a Shenzhen, sede del quartier generale della società cinese – racconta Caruso – Abbiamo dedicato un’intera settimana alla formazione, con un programma incentrato sulla conoscenza del mondo del lavoro, sulla realtà aziendale e sulle opportunità che offrono le nuove tecnologie». «Nella seconda settimana – aggiunge – abbiamo avuto la possibilità di visitare Pechino, partecipando a diverse attività, volute dall’università di Lingua e Cultura Cinese, per conoscere la storia e le tradizioni del Paese che ci ha ospitato». Un percorso di studio basato su lezioni in classe, esercitazioni pratiche, formazione multimediale e simulazioni di problem solving per unire aspetti formativi e applicazione concreta nel mondo industriale. 

«I padiglioni espositivi e le fabbriche che ho avuto modo di visitare sono indescrivibili – prosegue Caruso – Si trovano prodotti e soluzioni estremamente innovativi per lo sviluppo dell’Ict. Una visita da cui sono scaturite diverse idee interessanti che, magari un giorno, potrebbero prendere forma anche nel nostro Paese». L’azienda cinese, che da anni destina tra il dieci e il quindici per cento del proprio fatturato globale al settore ricerca e sviluppo, con il progetto Seeds for the Future guida gli studenti di tutto il mondo nell’intricato percorso della trasformazione digitale e propone un’approfondita conoscenza delle tecnologie di ultimissima generazione per contribuire alla digitalizzazione dell’industria. «Durante il percorso di formazione ci hanno chiesto di scrivere una lettera per conoscere le nostre idee sulle nuove tecnologie – prosegue lo studente – Ci siamo concentrati sia sulle potenzialità della smart city, la città intelligente, che evolve quotidianamente per migliorare le condizioni di vita di un individuo all’interno di una città, sia sull’IoT (Internet of things) cioè l’internet delle cose». 

«Fra qualche anno tutti noi vivremo in un mondo dove tutto sarà collegato a internet. Luci di casa, finestre, condizionatori e automobili saranno connessi in rete. Questa prospettiva, indubbiamente affascinate, pone il problema di formare personale adeguatamente qualificato», prosegue. Si stima che in Europa nel 2020, circa 800mila posti di lavoro in ambito Ict resteranno vacanti, proprio a causa della scarsa presenza di figure professionali dotate delle competenze adeguate. Attualmente il quaranta per cento delle aziende europee ha difficoltà a reperire profili professionali in possesso di una specifica preparazione. In Italia, solo il quindici dei lavoratori sarebbe in possesso di tali conoscenze, ma con un livello insufficiente. 

«Oggi, su quattro richieste di figure qualificate ricercate dalle aziende, arriva una sola candidatura. Penso che spetti alle università il compito di formare queste figure specializzate e sono convinto che l’università italiana ha le potenzialità per riuscirci. Il Politecnico di Milano – continua lo studente – oltre ad avere un contatto diretto con Huawei, svolge programmi di career service che offrono un costante supporto a studenti e laureati per un immediato inserimento nel mondo del lavoro». Un progetto che ha rappresentato, per tutti i partecipanti, un momento di crescita personale, di scambio e di arricchimento delle proprie competenze ma anche una riflessione sul futuro della propria terra. 

«Nei prossimi anni continuerò a viaggiare per fare nuove esperienze, arricchire il mio curriculum e accrescere le mie competenze – conclude Caruso -, ma non ho nessuna intenzione di abbandonare la mia terra. Anche in Cina ho avvertito la mancanza della Sicilia. Il mare, il cibo e le persone non sono paragonabili. Un giorno spero di poter dare un contributo alla scienza e di farlo anche nella mia terra». 

Salvo Caniglia

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