Un Amore sospeso sul… L’AGO del tempo

Titolo: La casa sul lago del tempo (The Lake House).
Regia: Alejandro Agresti.
Soggetto: ispirato al film “Il Mare” di Hyun Seung Lee.
Sceneggiatura: David Auburn.
Fotografia: Alar Kivilo.
Musica: Rachel M. Portman, Paul M. Van Brugge.
Montaggio: Alejandro Brodersohn , Lynzee Klingman.
Interpreti: Keanu Reeves, Sandra Bullock.
Produzione: Warner Bros.
Origine: USA 2006.
Durata: 99 ‘.

Lei è Kate Forester, una donna in bilico tra la carriera e il suo sentimentalismo, tratti che il ruolo di medico in un ospedale di Chicago concilia. Lui, Alex Wyler, architetto di talento ma frustrato dal rapporto burrascoso col padre. Ciò che li accomuna, a parte la quotidianità e la città in cui vivono, è la reale protagonista della storia: “una catapecchia stregata”, recita la sceneggiatura. La casa sul lago è tutta vetrata, senza nessuna privacy, circondata dall’acqua color petrolio e panorami in prevalenza autunnali, come a volerne evidenziare la semplicità della sua magia. Essa simboleggia la proprietà, condivisa -ma in tempi diversi- dai due protagonisti, non il contatto, che difficilmente potrà verificarsi. Bella ma incompleta, perché vissuta solo a metà. Kate e Alex scopriranno tramite una fitta e fantasiosa corrispondenza epistolare di averla abitata entrambi. Il mezzo attraverso cui comunicano è la cassetta delle lettere dinanzi alla dimora, complice del mistero di un amore preannunciato. Fin qui potrebbe apparire l’ennesima americanata sentimentale e sdolcinata, timore che lo stesso produttore Doug Davison ha espresso parlando della difficoltà che si riscontra oggi nel realizzare una buona commedia romantica, sostenendo che “Hollywood non è più tanto capace come un tempo di comunicare quel sentimento genuino, e il pubblico d’altro canto ha paura di essere sentimentale”. Lodevole quindi il tentativo di affrontare il rischio. In effetti, la pellicola è senza dubbio ascrivibile al genere romantico, ma, rispetto alla classica “love story” ha un elemento di magia e di irrazionalità che la rende originale e che cattura l’attenzione. 

Ma quella raccontata finora è solo la premessa di una storia surreale, che varca i confini della realtà, per immergere gli spettatori nel fittizio, favoloso mondo dell’amore raccontato in una pellicola cinematografica. C’è chi esce dalla sala imprecando per gli euro sprecati in una vicenda che non potrebbe mai verificarsi nella nostra quotidianità; chi va al cinema, tuttavia, dovrebbe sempre tener presente il tacito patto che stringe col regista, quella “sospensione dell’incredulità”che gli permette di fingere o accettare consapevolmente come verosimile tutto ciò che accade sul grande schermo, fino a restare affascinati da un legame che si sviluppa ad una distanza temporale di due anni. Lei vive nel 2006, lui nel 2004. Eppure riescono a comunicare, raccontarsi la propria visione dello stesso angolo di mondo in cui vivono, meravigliarsi, innamorarsi. Tema palese è l’amore, come sentimento che non ha tempo e vince su tutto, addirittura sul destino, ma importante è anche il messaggio dell’incomunicabilità, che regna sovrana nella maggior parte dei rapporti umani anche nell’era della globalizzazione, qui invece sublimata da una comunicazione atemporale, che sprigiona una forte energia. I due non possono vedersi, né toccarsi ma osservano il mondo con gli stessi occhi, tenendosi per mano: le loro anime battono all’unisono. 

La storia però non è totalmente inedita. È infatti dichiaratamente ispirata al film sud coreano “Il mare”, diretto nel 2000 da Hyun Seung Lee. La sceneggiatura è stata comunque completamente riscritta da David Auburn, vincitore di un Pulitzer e di un Tony e un Drama Desk Award, ed ambientata negli Stati Uniti, senza che questo abbia tolto nulla alla sua originaria poesia. Un’atmosfera delicata e irreale, avvolge tutte le scene, anche quelle più quotidiane o cupe, che sembrano sospese in una realtà dominata dal sentimento di unione e complicità tra i due, tanto forte da riuscire a superare anche le barriere spazio-temporali. Un elemento che però non convince è la presentazione del fatto come assolutamente normale. Lo sbalzo temporale che ingloba i due viene esplicitato in apertura, senza la (normale) diffidenza, meraviglia e incredulità che coglierebbe un qualsiasi individuo (specialmente perchè adattato ai nostri tempi) alla scoperta dell’assurdità della loro situazione. Insomma, a cinque minuti dall’inizio del film, Kate già nella sua seconda lettera ricorderà al suo interlocutore, senza che nemmeno le venga richiesto, l’anno corrente: “Ah, guarda che siamo nel 2006”! E la reazione per nulla sbalordita di fronte allo sfasamento temporale accomuna anche gli altri personaggi, come la madre della donna che, per alleviare le pene della figlia, dirà “Vive nel 2004? È solo un dettaglio!”. Sì, in un mondo di alieni!  

Questa incongruenza che domina l’intero svolgimento del racconto, comunque, non compromette eccessivamente la piacevole visione di un’opera cinematografica ben costruita. Alejandro Agresti (suoi i giustamente apprezzati “Valentin” e “Una notte con Sabrina Love”) ben somministra la tensione romantica lungo tutto il film, eludendo scontati epiloghi e creando la giusta suspense, in un  mix di coincidenze, memorie e fatalità. Il regista argentino così facendo immerge lo spettatore nella visione, lo coinvolge, appassiona, intriga. Si è incuriositi e non ci si distrae; affiorano mille domande sul potere dell’amore, sulla possibilità di comunicare nel tempo, sull’importanza di credere in qualcosa per cui valga la pena di aspettare. Immersi in questo gioco, si finisce per non prestare attenzione alle illogicità della storia. Chi guarda partecipa alla loro sofferenza e cerca, assieme a loro, di individuare il trucco in grado di aggirare le leggi temporali e farli finalmente incontrare. Alex e Kate, finalmente decisi a superare la distanza tra loro e a svelare il mistero della casa sul lago, sfideranno il destino dandosi un appuntamento. Ma, nel tentativo di unire i loro due mondi, rischiano di perdersi per sempre. 

Giusta la scelta degli interpreti, capaci di esprimere perfettamente le sensazioni dei due personaggi, costantemente combattuti tra la voglia e il bisogno di abbandonarsi a quell’esperienza irreale e la spinta a negarla per tornare alla razionale realtà. L’attrice Sandra Bullock è innegabilmente a suo agio nella stessa Chicago e simile condizione da amante platonica di “Un amore tutto suo”, mentre Keanu Reeves è semplicemente troppo per essere vero: bello, affascinante, mielato, che non si lascia imbambolare dalla bellona di turno, preferendo l’Amore con la a maiuscola. Praticamente perfetto… nel ruolo di un extra-terrestre! Suggestiva la fotografia, soprattutto nelle scene ambientate attorno e dentro la casa sul lago, un’allettante scatola dalle pareti di vetro attraverso le quali penetrano i colori e l’incanto della natura del luogo.

Un film originale, anticonvenzionale, inebriato da un’atmosfera magica che esplode nell’appassionato abbraccio finale. Ti porta a credere nell’impossibile, facendoti viaggiare nello spazio virtuale di questa unione “irreale, ma vera”. Una fiaba moderna per dimenticare la realtà dura, infelice, guerrigliera che ci circonda e riscoprire il valore dell’Amore.

Benedetta Motta

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