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Gli ultras dell’Inter e l’affare parcheggi a San Siro. «Loro sono palermitani, il padre era il referente di Totò Riina a Milano»

Un patto di non belligeranza, in nome degli affari, tra le tifoserie rivali di Inter e Milan. In questo modo, secondo i magistrati della procura di Milano, Curva Nord e Curva Sud avrebbero massimizzato i loro profitti illeciti. Ricavi da centinaia di migliaia di euro ma con qualche differenza. Al direttivo dell’Inter viene contestata l’associazione a delinquere ma con l’aggravante del metodo mafioso a causa dei collegamenti dei vertici ultras, tra gli altri, con Antonio Bellocco, rampollo della ‘ndrangheta di Rosarno, ucciso a inizio settembre da Andrea Berretta, a capo della stessa curva Nord dell’Inter che Bellocco stava scalando. I riflettori dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia si sono accesi attorno San Siro, sia per quanto riguarda la gestione dei biglietti, facendo emergere rapporti diretti degli ultras con la società FC Internazionale, ma anche per quanto riguarda gli affari legati ai parcheggi, abusivi e non, attorno allo stadio e ai food truck.

Ed è proprio in quest’ultimo capitolo che emerge «il legame di reciproco vantaggio fra imprenditori e soggetti contigui al tifo organizzato e alla criminalità di stampo mafioso», si legge nell’ordinanza che ha ha portato 16 persone in carcere e tre ai domiciliari. Centrali le figura dell’imprenditore dei parcheggi Gherardo Zaccagni e di Giuseppe Caminiti, conosciuto anche come Pino e definito «uomo cardine del sistema illecito che ruota attorno allo stadio». Per i magistrati – che hanno chiesto e ottenuto i domiciliari per il primo e l’arresto per il secondo – Caminiti, originario di Taurianova in provincia di Reggio Calabria, grazie alle vicinanza con l’imprenditore avrebbe fatto da garante degli introiti per la curva Nord dell’Inter, attraverso una tangente mensile. Almeno durante la precedente gestione ultras, in mano oltre che a Berretta a Vittorio Boiocchi (assassinato da due sicari nel 2022, ndr). Un «garante della tranquillità» in stretti rapporti con personaggi come ‘U Dutturicchiu, soprannome del conterraneo di Caminiti; Giuseppe Calabrò. Nessun precedente per mafia ma una condanna definitiva per traffico di sostanze stupefacenti.

In questo calderone di nomi, legami e tanti soldi Caminiti, che recentemente era sto promosso ai vertici del direttivo della curva insieme al militante di estrema destra Renato Bosetti, si vantava di essere in rapporti anche con esponenti mafiosi siciliani. Il 22 gennaio 2020 viene intercettato un dialogo tra Caminiti e un suo amico. Mentre si trova all’interno di un suv BMW X6 l’indagato parla della famiglia di Cosa nostra dei Fidanzati. Una cosca che ha le sue radice nei rioni Arenella e Acquasanta, a Palermo, ma che è legata a doppio filo proprio con Milano grazie al narcotraffico. «Palermitani sono – diceva Caminiti – io ero molto amico anche del padre…era il referente di Totò Riina a Milano… era il capo mandamento di tutta la Lombardia». L’uomo in questione secondo i magistrati non può che essere Gaetano Fidanzati, lo storico boss – condannato nel Maxiprocesso a Cosa nostra – morto a 78 anni nel 2013.

Le presunte entrature di Caminiti nel mondo della criminalità organizzata spaziano anche per un altro uomo originario di Palermo. Il 20 luglio 2020 gli inquirenti monitorano un pranzo tra lo stesso Caminiti, l’imprenditore dei parcheggi Zaccagni e un terzo soggetto. A ristorante si parla di affari e di strutture da acquistare ma subito dopo è proprio Caminiti a sbottonarsi nel descrivere l’uomo arrivato dalla Sicilia. «Loro sono la batteria della famiglia Fidanzati», spiegava. Un ruolo così importante da caldeggiarne l’assunzione: «Togli magari qualcuno e metti lui… quello di Fidanzati, perché lui già conosce tutti! E se qualcuno già in questo periodo va e dice qualcosa lui sa cosa parlare!». L’uomo in questione non è indagato ma il suo profilo parla chiaro: specializzato nei colpi in banca, arrestato nei mesi scorsi in un blitz della polizia che sgominò un banda che progettava rapine riunendosi al cimitero monumentale di Milano.

Mauro Gemma

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