In Sicilia, si sa, tutto è più complicato. Anche sul fronte delle trivellazioni a mare. Da un lato il governo nazionale, lo scorso 31 gennaio, ha rigettato 27 richieste di autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi entro le 12 miglia. Dall’altro in Sicilia, ma non solo, ha rimodulato le istanze solo parzialmente ricadenti entro il limite delle 12 miglia.
Sull’ultimo bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle risorse si apprende così che nel Canale di Sicilia, nel tratto del mar Mediterraneo che si affaccia sull’Agrigentino, un permesso di ricerca datato 2009 e suddiviso al 50 per cento tra la società irlandese Petroceltic e l’inglese Northem Petroleum è stato interamente rigettato dal ministero dello Sviluppo Economico, in attuazione delle recenti norme contenute nella legge di Stabilità. A saltare allo stesso tempo è anche una richiesta congiunta Eni-Edison di concessione di coltivazione a largo di Pantelleria.
Rimangono però due permessi di ricerca, con l’utilizzo di pozzi preliminari, di fronte la città di Sciacca, per una superficie complessiva di 394 chilometri (a fronte dei previsti 986). Anche a Gela resta un permesso di ricerca da parte di Eni che riguarda 121 chilometri di mare. In più si salva, anche se solo parzialmente, un altro permesso a firma della Transunion Petroleum che si estende dalla città di Rosario Crocetta fino a Pozzallo per oltre 70 chilometri. A Licata, invece, ci sarà spazio per il pozzo esplorativo Lince 1, che ricade oltre le 12 miglia per un’area complessiva di 41 chilometri invece dei precedenti 142.
Per quanto riguarda il progetto dell’offshore ibleo, esso non è citato in nessuna delle 27 istanze rigettate in toto o solo in parte, e rimane in piedi per una serie di motivi. Sia perchè è economicamente blindato dal protocollo d’intesa del 6 novembre 2014 – che prevede la creazione di una nuova piattaforma, la Prezioso K che dovrebbe sorgere accanto alla sorella Prezioso che sta a metà tra Gela e Licata -, sia perchè i due giacimenti a metano, Argo e Cassiopea, sono uno appena dentro le 12 miglia e l’altro oltre. Per Eni il progetto dell’offshore ibleo «porterà ad una produzione cumulativa di gas naturale di oltre 10 miliardi di metri cubi in un periodo di circa 14 anni» e «rappresenta attualmente la più importante iniziativa industriale offshore in Italia».
Le esplorazioni però non sono ancora partite perché sull’intero progetto pendono due spade di Damocle: il ricorso al Consiglio di Stato da parte delle associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Greenpeace (dopo la bocciatura la scorsa estate da parte del Tar Lazio); e il referendum sulle trivellazioni che, se accettato, rimetterebbe in discussione la durata delle concessioni. Il bilancio per Legambiente Sicilia in ogni caso non è positivo. Come abbiamo visto, su sette istanze siciliane due sono quelle interamente ricadenti entro le 12 miglia marine e quindi rigettate, cinque sono parzialmente ricadenti entro le 12 miglia e rigettate solo per la parte interferente. «Non è vero che ci sono tutte queste revoche o rinunce – conferma il presidente Gianfranco Zanna – molte sono soltanto riduzioni che lasciano intatto il pericolo e la minaccia in un territorio, tra l’altro ad alta intensità sismica, come dimostrato dagli ultimi eventi registrati».
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