Tristano e Isotta visti da Cesare Segre

La bellissima conferenza tenuta dal prof. Cesare Segre ha avuto per oggetto uno dei testi letterari maggiormente studiati dalla critica. La leggenda di Tristano e Isotta, come ha sottolineato la prof.ssa Margherita Spampinato, è stata oggetto di attenzione non solo da parte di brillanti studiosi, ma anche di scrittori, musicisti, nonché registi cinematografici, che hanno di volta in volta riscritto la vicenda amorosa dei due protagonisti basandosi su di un canovaccio che probabilmente ha legami con la cultura celtica e orientale.

A cosa si deve un così vasto e profondo interesse verso i due sfortunati amanti che attraverso tutta una serie di astuzie cercano di incontrarsi per amarsi? Non è soltanto il tema dell’amore non realizzato a catalizzare l’attenzione verso questo testo, ma, come ha dimostrato Cesare Segre, anche questioni legate alla costruzione della vicenda stessa.

Con la chiarezza espositiva che lo ha sempre contraddistinto, ha proposto una lettura innovativa a partire dall’analisi della costruzione del personaggio. Filologo romanzo nel senso più ampio dell’accezione, editore di testi e teorico della letteratura, interprete di grande finezza di opere medievali, moderne e contemporanee, Cesare Segre, come ha puntualizzato Antonio Pioletti, è senz’altro una figura di grande spicco nel panorama della critica letteraria e la sua conferenza è stata ricca di spunti metodologici per tutti coloro che si misurano con i testi non solo del Medioevo. A tale proposito è stato senz’altro interessante l’intervento della prof.ssa Maria Teresa Puleio circa la possibilità di analizzare la costruzione dei personaggi nei testi novecenteschi.
Detto ciò, credo sia utile ripercorrere brevemente i momenti più salienti e stimolanti della conferenza del prof. Segre. Partendo dalle riflessioni esposte da Vladimir Propp nella Morfologia della fiaba, il prof. Segre ha puntualizzato come lo studioso russo abbia dato poco rilievo al fondamentale ruolo del personaggio nella narrativa. Interessato a individuare le funzioni narrative attraverso le azioni, Propp ha trascurato la fisionomia etica e caratteriale del personaggio che invece risulta centrale (basti pensare alla narrativa di fine Ottocento). Il Roman de Tristan può essere un banco di prova per attuare tutta una serie di analisi sul personaggio.

E infatti il prof. Segre ha fornito un brillante esempio di analisi di Tristano, di Isotta e di Marco, sebbene su quest’ultimo si sia soffermato poco per i limiti di tempo. La conclusione è che mentre Tristano e Isotta si configurano personaggi statici e ben definiti, Marco risulta più mutevole. Tristano e Isotta sono tesi a ordire trame per poter sfuggire agli ostacoli che impediscono i loro incontri; le loro azioni, di conseguenza, si traducono in astuzie finalizzate a un unico obiettivo e tutto ciò non incide sull’evoluzione caratteriale dei loro personaggi. Al contrario, Marco sembra essere più mutevole in vista del continuo cambiamento di pena da infliggere ai due amanti e ciò lo porta ad assumere di volta in volta atteggiamenti diversi che in qualche misura incidono sulle sue azioni.

Il risultato è che il Roman de Tristan si manifesta come una narrazione di certo compatta e coesa, ma costruita su figure già prestabilite, date per formate; i singoli episodi, pertanto, sono blocchi facilmente enucleabili dal resto della narrazione proprio perché Tristano e Isotta non mutano nel corso dello svolgimento della narrazione.
Ora, se si astrae il metodo d’analisi dal contesto narrativo preso in esame, appunto il Roman de Tristan, è facile cogliere una serie di spunti e riflessioni di carattere metodologico applicabile a qualsiasi narrazione, perfino cinematografica. È qui, credo, che risiede la specificità del Segre filologo e critico, cioè la capacità di assumere un metodo di indagine e di lavoro di carattere generale da applicare a un settore scientifico che purtroppo oggi in Italia viene considerato accessorio.

Il prof. Segre, in altre parole, ci ha dimostrato come le indagini rivolte ai testi antichi, ai testi letterari, siano uno strumento per comprendere “che cos’è l’uomo, come funzionano i suoi sentimenti e le sue passioni, come l’uomo si muove nella realtà che lo circonda” (come ha detto nell’intervista a Step1). Credo ci sia da riflettere su questo.

Gaetano Lalomia

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