L’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè sarà processato. A partire dal 15 settembre dovrà difendersi dall’accusa di diffamazione aggravata e continuata. Lo ha deciso il gip del tribunale del capoluogo. Il prelato avrebbe commesso il reato ai danni di don Ninni Treppiedi, l’ex direttore amministrativo della curia trapanese, un tempo al centro dell’inchiesta sullo scandalo della Diocesi, ma ora «parte lesa» nell’ambito di un procedimento complesso e articolato, denso di colpi di scena e ribaltamenti di fronte.
Miccichè aveva accusato il sacerdote di raggiri e di aver falsificato la propria firma su diversi atti, ma soprattutto di aver depositato grosse somme di denaro sul proprio conto allo Ior, la banca vaticana. Dalle indagini, però, è emerso che sul conto di Treppiedi – che nel frattempo era stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di riciclaggio – erano depositati soltanto 16mila euro provenienti da conti correnti intestati allo stesso prete presso un’altra banca. L’attività investigativa, pertanto, è stata incentrata su altri istituti di credito, coinvolgendo anche la Banca d’Italia. Senza però che siano stati riscontrati elementi per sostenere l’accusa di riciclaggio che è decaduta. Su richiesta dell’ex procuratore di Trapani Marcello Viola, infatti, il gip, nel settembre del 2015, ha archiviato l’indagine.
Già alcuni mesi prima la procura, nell’ambito del decreto di dissequestro dell’ex canonica della chiesa Madre di Alcamo (non ci fu truffa nella vendita dell’immobile), aveva bollato le accuse mosse da Micciché a Treppiedi come «inattendibili» e «frutto di una premeditata strategia ispirata da fini diversi dal senso di legalità con cui l’ex vescovo ha tentato, in un primo momento riuscendovi grazie anche a testimonianze compiacenti, di accreditarsi presso l’autorità giudiziaria». Da grande accusatore ad accusato, Miccichè è stato rimosso da vescovo di Trapani, nel maggio del 2012, da papa Ratzinger.
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