«Tra musulmani e cristiani c’è ancora una frontiera culturale»

«Siamo tutti figli del caso», dice Karim Hannachi, docente di lingua e cultura araba presso la facoltà di Lingue e letterature straniere, sede di Ragusa, volendoci fare capire come sia difficile tracciare l’identikit dell’immigrato. E aggiunge che «l’intercultura vuole assaggiare il piatto della differenza, senza cambiare il ricettario della propria cucina».

 

Diversi studiosi e studiose si sono espressi sul tema del disagio culturale dell’immigrato – tema del convegno organizzato dalle docenti Sarah Amrani e Maria Lombardo per “Portolani IV” e “Uni(di)versité”.

Faroudja Cayeux ha proposto una serie di brani tratti da “Fragments de mémoires”, che sottolineano i percorsi dolorosi delle donne durante il loro processo di integrazione, la loro esperienza dell’esilio, i traumi, la depressione. Fatima Besnaci-Lancou ha raccontato la sua drammatica esperienza di figlia di Harkis, quegli algerini che durante la guerra di Algeria hanno combattuto al fianco dei francesi.

 

Milena Lo Giudice, “etnopediatra” palermitana e autrice del libro “Etnopediatria: bambini e salute in una società multietnica” ha esposto le problematiche legate alle diversità culturali e al processo di integrazione  dei bambini immigrati ai quali “è necessario assicurare il più possibile il rispetto delle tradizioni sociali, culturali e religiose”.

 

Di particolare interesse è stata la presenza di Kaled Fouad Allam, docente di Sociologia del mondo musulmano e di Storia e istituzioni dei paesi islamici all’Università di Trieste e di Islamistica all’Università di Urbino. Allam, editorialista del quotidiano “La Repubblica” ha, tra l’altro,  pubblicato “Kamikaze” e “L’Islam globale” per Rizzoli.

Allam afferma innanzitutto che «La scienza dell’immigrazione vale ciò che valgono gli immigrati, cioè niente».

 

Professor Allam dova sta il problema di fondo nel rapporto fra mondo musulmano e cristiano?

«Tra i due vi è una frontiera culturale: l’Islam conosce solo alcune sfaccettature del mondo cristiano e viceversa».

 

Cosa ci si può attendere dall’Università?

«L’Università deve costruire saperi e veicolare informazioni sulla relazione tra mondo musulmano e occidentale, trasmettendo un messaggio multiculturale».

 

E l’Europa fa abbastanza?

«Per niente. Intanto il musulmano viene considerato solo un terrorista, soprattutto dopo la strage dell’11 settembre. Purtroppo oggigiorno non esiste più il paradigma dell’uguaglianza tra gli esseri umani, ma regna solo la diversità, bisogna costruire un dialogo tra questi due mondi».

 

Il punto di partenza necessario per instaurare un rapporto tra queste due culture è sicuramente, secondo Khaled Fouad Allam, costruire un dialogo aperto e soprattutto imparare a convivere con chi è diverso da noi.

 

* studentessa del corso di Storia e Tecnica del giornalismo tenuto da Maria Lombardo

Roberta Maria Palmigiano

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