The door in the floor: sottile rete psicologica troppo poco intessuta

Analizzando superficialmente il film, da una parte Marion (il personaggio portato in scena dalla Basinger) sembrerebbe incarnare la seducente Mrs Robinson del ben noto film “Il laureato”, dall’altra esasperare ed al tempo stesso rendere ambigua una tragedia familiare torbida e drammatica, il tutto tenuto insieme tramite l’iniziazione sessuale di un giovane adolescente.

Tutto inizia appunto con l’arrivo del ragazzo, nell’abitazione di un affermato scrittore in crisi con la moglie a seguito della morte dei due figli maggiori. L’atmosfera all’interno della casa è opaca. Le figure delle altre due figlie della coppia troppo poco sviluppate: non sappiamo quasi nulla della figlia maggiore, mentre il personaggio della piccola Ruth è lasciato in sospeso, caratterizzato soprattutto dagli atteggiamenti poco razionali della bambina, che trascorre ore ed ore ad osservare delle foto di famiglia fatte dal padre (dedito anche alle arti grafiche) che  riempiono le pareti di casa, quasi a riempire il vuoto emozionale lasciatole e dalla morte dei fratelli e dalle mancanze dei genitori.

Ed ecco Marion ,eterea e carnale che aleggia e osserva in lontananza la vita della sua famiglia, troppo debole ed egoista per riuscire ad essere nuovamente una madre, troppo introversa per esternare il proprio tormento, che trova una facile  via di fuga nella relazione puramente sessuale con il giovane aiutante dell’ex marito. Ma andando oltre l’ovvietà del piacere carnale suscitatole dall’instancante amatore, nella parte finale del film apprendiamo che il giovane fisicamente ricorda i lineamenti di uno dei figli perduti e dunque tramite i rapporti con il giovane la donna s’immergerebbe nel ricordo del figlio per morire e rinascere in lui.

The door in the floor è appunto la metafora utilizzata dall’ex marito, come si è già detto scrittore, nel suo ultimo libro per indicare l’organo sessuale femminile, elemento chiave nell’esternazione del dolore di Marion. I rapporti tra la donna e il giovane sono utilizzati quindi  come strumento di scoperta del dramma, lasciato in sospeso e quasi offuscato a causa della fuga, subito dopo il primo tempo, di quello che dovrebbe essere il personaggio chiave, Marion appunto. Il film può essere presentato come una sequenza di vicende lasciate in attesa di lettura, povere di indicazioni psicologiche, che culminano nella scena finale, in cui il marito si chiude all’interno di una botola nel pavimento, senza che lo spettatore riesca ad afferrarne a pieno il significato.

Alessandra Giuffrida

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