La testa catanese e il corpo siracusano del Kouros di Leontinoi si ricongiungono dopo migliaia di anni. Da ieri è iniziato il restauro a cantiere aperto, cioè visibile anche al pubblico al Castello Ursino. Il busto del fanciullo è stato trovato nell’area archeologica di Leontinoi, nel Siracusano, e acquisito nel 1904 da Paolo Orsi mentre la testa è stata rinvenuta nel Settecento dal catanese Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari e archeologo. I due pezzi, esposti a New York e Cleveland, ieri sono arriva a Catania. È qui che è nata, infatti, l’idea del restauro congiunto da un confronto con il critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Una statua che è stata più forte della delle difficoltà della burocrazia. Al momento, i due pezzi si trovano in una sala espositiva al secondo piano di Castello Ursino dove rimarranno per qualche giorno fino all’inizio delle operazioni di restauro. Ad accoglierli il sindaco di Catania Enzo Bianco, l’assessore regionale Tusa, l’assessore comunale alla Cultura Orazio Licandro, il presidente di Fondazione Sicilia Raffaele Bonsignore, Mariella Musumeci, direttrice del polo regionale di Siracusa per i siti e i musei archeologici che possiede il torso del kouros e Valentina Noto, direttrice del museo Castello Ursino di Catania, proprietario della testa.
L’idea di riunire i due pezzi del fanciullo di Lentini è nata a Catania durante un confronto tra il sindaco, l’assessore Licandro e Vittorio Sgarbi sulla base delle recenti indagini del professor Lorenzo Lazzarini dell’Università Iuav di Venezia da cui risulta che le due parti anatomiche della statua sono state ricavate dal medesimo blocco di marmo proveniente da una cava dell’Isola di Paros, in Grecia. In merito alla tecnica di montaggio delle due parti della statua del fanciullo, il presidente della Fondazione Sicilia Raffaele Bonsignore ha spiegato che «realizzeremo un’integrazione del collo che consenta un assemblaggio reversibile delle due parti». I lavori di indagine e di studio saranno condotti dagli architetti Francesco Mannuccia e Giovanni Alfano. Dei lavori di restauro e assemblaggio sono state incaricate le società specializzate Siquilliya e Lapis.
«Questa non è soltanto un’operazione museale, la semplice ricomposizione di un’opera d’arte d’età arcaica, per quanto pregevolissima ma rappresenta – ha sottolineato l’assessore Licandro – un esperimento e un intervento scientifico di grande rilevanza. Una volta accertata la provenienza dei marmi dalla medesima località, si potrà dire una parola definitiva sull’appartenenza della testa a quel corpo e viceversa. Quindi una grande operazione che è il simbolo di come debbano essere gestiti nella nostra splendida terra i beni culturali».
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