Termini, licenziati ultimi lavoratori dell’ex indotto Fiat Da Roma nessuna chiamata. Fiom: «Serve un governo»

Mentre il Paese è impantanato sulla ricerca di un nuovo governo che non si forma, complice una legge elettorale che non dà premi di maggioranza, ci sono paesi in crisi che restano nella palude di un ristagno economico senza fine. È il caso di Termini Imerese, che attende la riconversione e la reindustrializzazione dell’ex stabilimento Fiat da sette anni. L’ultimo incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, avvenuto il 19 febbraio a Roma, si era chiuso con la promessa che le parti sociali (sindacati e amministrazione comunale) e Blutec (l’azienda che è subentrata a Fiat) si sarebbero nuovamente viste tra fine marzo e inizio aprile.

«Ma ancora il tavolo non è stato convocato – denuncia il segretario regionale Fiom Roberto Mastrosimone -, la settimana scorsa abbiamo inviato una lettera di richiesta di incontro, ma non abbiamo avuto risposta. L’unica novità è che da Blutec hanno presentato la rendicontazione sull’utilizzo dei fondi concessi dal governo, ma non sappiamo l’esito. Deduco che su queste cose incide anche il fatto che il governo non si è ancora insediato, facciano presto a farne uno, anche perché è chiaro che ci si deve assumere delle responsabilità, come la vicenda di Termini Imerese insegna».

Anche perché da una parte i partiti discutono di possibili alleanze e di veti incrociati e dall’altra le aziende continuano a tagliare posti di lavoro. È il caso di BiEnne Sud (69 dipendenti che si occupavano della verniciatura dei paraurti della Lancia Ypsilon) e di Manital (20 addetti che si occupavano delle pulizie ordinarie all’interno dello stabilimento terminato). Dal 29 dicembre scorso gli operai Bienne Sud hanno esaurito gli ammortizzatori sociali. «Col fallimento di BiEnne Sud è scomparsa l’ultima azienda dell’ex indotto Fiat – ricorda ancora il sindacalista -. E in questi anni tutti gli altri operai dell’ex indotto sono stati licenziati. Si tratta di 300 persone ai quali si sommeranno a breve questi altri 70. Tutti hanno preso impegni in questi anni, che non sono stati mantenuti, e non c’è dubbio che c’è bisogno di risposte immediate. Il progetto Blutec si regge ancora su Fiat, visto che è lei a darle le commesse, ed è necessario che il progetto di riconversione si espanda».

Al momento resta sul tavolo la magra proposta di rilancio di Blutec, fissata al verbale di riunione del Mise quasi due mesi fa, che prevede «la linea per la produzione dei Doblò elettrici», la produzione per Poste Italiane dei «motocicli da alimentazione termica ed elettrica», l’installazione di «tre stampanti 3D». Ben poca roba rispetto agli annunci carichi di promesse di quattro anni fa, quando Blutec annunciava che – con l’ausilio dei fondi di Invitalia (l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa) – si sarebbe occupata della produzione di componenti per auto e che avrebbe riassorbito tutti gli 800 lavoratori ex Fiat. Finora infatti allo stabilimento Blutec risultano attive soltanto un centinaio di persone

«Non ci sono belle prospettive» ammette il sindaco di Termini, Francesco Giunta, che a Roma ha criticato lo spostamento di un anno (al 31 marzo 2019) per il completamento del piano industriale. «Lo slittamento richiederà nuovi ammortizzatori sociali e al momento non c’è neanche la copertura economica. Penso ad esempio ai lavoratori Manital, che proprio per quella data termineranno la mobilità e rischiano seriamente di non avere altri ammortizzatori. È tutto fumoso, per esempio non vi è alcuna certezza che Poste Italiane possa procedere alla commessa dei mezzi, visto che dovrà effettuare un bando. Quello che è sicuro è che restiamo in attesa e che siamo in ritardo sulla tabella di marcia».

Andrea Turco

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