Passato e presente, speranza e illusione, sogno e realtà. Non semplici tracce ma veri e propri capitoli emotivi in TeRAPia il terzo album di Christian Paterniti, in arte Picciotto, fuori dal 15 marzo per Mandibola Records. Presentato ai Candelai, nella serata di venerdì 29 marzo, il nuovo disco del rapper palermitano, vincitore nel 2017 con Amarcord del Premio nazionale musica contro le mafie, è una miscela di generi. Quattordici tracce che abbracciano dalla trap alla musica neomelodica, senza abbandonare i ritmi dell’hip hop e del rap e del raggamuffin.
«Questo disco per me significa tanto – rivela Picciotto – Volevo cestinarlo qualche mese fa. Mi ha messo a nudo riuscendo a farmi sviscerare delle domande che partono da me ma che riguardano tutti. Io sono sempre stato determinato e sicuro nelle cose che faccio, di questo album però non ero sicuro».
«Esco dalla mia zona di comfort e provo a sperimentare – spiega – Ho un linguaggio diverso, canto, a differenza di quasi tutti i miei dischi, sono molto meno cupo» Frontman di Gente strana Posse, Picciotto proviene dal militant rap e dal combat. «Sono queste le etichette che mi sono sempre trovato addosso. – racconta il rapper – In realtà non mi sono mai piaciute: non sono mai stato uno di genere o di settore. A sto giro ho provato per la prima volta a togliermi ogni tipo di sovrastruttura mentale ». Dagli Shakalab a Roy Paci, con O’Zulù, Davide Shorty, Enzo Savastano, Simona Boo e DJ Delta: TeRAPia è un concept ricco di collaborazioni.
Picciotto si sperimenta non solo musicalmente: ripercorre l’attualità con i suoi dubbi, le speranze, i sogni e gli incubi. «L’idea era quella partire da me stesso, di metter su un disco molto personale – spiega ancora -. Poi ho visto che quelle che credevo fossero solo mie paturnie erano in realtà collettive, trans-generazionali. Riflettono abbastanza come siamo messi». Stefano Cucchi, Salvini, la musica indie, internet e i social network: Picciotto canta la contemporaneità senza peli sulla lingua. In contrasto un’adolescenza spensierata e la matura presa di coscienza della realtà.
Il disco nasce dopo un’esperienza che ha visto il rapper palermitano in Libano insieme ad alcuni ragazzi di Borgo Vecchio per il progetto Gemellaggio in rima. «Era da 15 anni che sognavo di avere dei rapporti con i palestinesi – commenta Christian Paterniti aka Picciotto – quando mi sono formato era appena scoppiata la seconda Intifada ed ero molto influenzato da quel periodo, la mia prima canzone è stata Sognando Palestina».
«In sette chilometri ho visto duecentomila persone – racconta – in quei campi profughi senza social, senza wi-fi, senza Skype, li ho visti ridere: giocavano a palla. Questa chiave che porto al collo è un gadget che mi hanno regalato, risale al 1948 quando i palestinesi sono dovuti andare via di casa con l’illusione di tornarci presto. Da 70 anni sono in quei campi. Sorridenti mi hanno detto “non impazziamo perché ci ricordiamo da dove veniamo” ed è quello che dobbiamo ricordare pure noi».
«Credo sia fondamentale sapere da dove veniamo per capire dove stiamo andando – conclude il rapper palermitano – quando i nostri nonni non ci saranno più toccherà a noi ricordare che cosa è stata la resistenza». Memoria e denuncia, testimonianza e promemoria per un disco terapeutico che fa ballare, ma soprattutto riflettere, chi l’ascolta.
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