Tennis/ Le legge di Serena Williams

Non ha certo tradito le attese questa finale femminile dello slam americano. In molti temevano che le diverse condizioni delle due finaliste – baldanzosamente trionfante e in gran forma l’una, timida, sempre in difficoltà e forse addirittura con qualche chilo di troppo l’altra – ci avrebbero regalato una finale zoppa, con l’ennesimo trionfo di Serena Williams. Invece Viktoria Azarenka, ha mostrato di che pasta è fatta. La ragazzona bielorussa ha lottato con tutte le sue forze ma soprattutto con un’intelligenza tattica rara da vedere nei campi da tennis e non perdendo mai la calma, anche quando tutto sembrava perduto. Se errore ha fatto, Vika, è stato quello di aver creduto che la belva ferita fosse ormai domata, e il rilassamento le è stato fatale, terribilmente fatale. Ma vada a suo merito il fatto di aver costretto Serena a vincerla 5 volte questa partita, anche se l’ultima è stata quella decisiva.

Ma andiamo con ordine. Pronti via e Serena era già 0/40 sul servizio dell’Azarenka che non salvava una palla break ma capitolava alla seconda. Con un parziale iniziale di 6 punti a 1 sembravano avverarsi i timori di chi credevano nella passeggiata dell’americana ma, complice il vento, Serena regalava 4 punti di fila all’avversaria che così recuperava il break. Lottando e sbuffando la bielorussa si aggrappava al proprio servizio tenendolo in un modo o nell’altro fino al 5 pari. Qui la violenza dei colpi di Serena aveva il sopravvento, riusciva ancora a strappare il servizio all’avversaria e a chiudere nel game successivo.

Sulle ali dell’entusiasmo Serena dilagava. Ribrekkava la bielorussa, teneva facile il proprio servizio, volava 4 a 1 e servizio chiudendo un parziale di 6 giochi ad uno. La partita sembrava di nuovo finita, nessuno avrebbe scommesso un penny su Vika che però, forse complice anche la rilassatezza della Williams, riusciva a recuperare uno dei due break. Si arrivava così al 54 è servizio per Serena, che giocava un game disastroso chiuso da un inutile rovescio lungo linea che usciva di un paio di metri.

Sul 5 pari la partita era ormai una guerra. Serena strappava ancora il servizio a Vika ma nel game successivo la bielorussa recuperava. Era un tiebreak strameritato. Anche qui Serena volava 4-1 ma non c’era verso, la Azarenka non muore mai, e con 5 punti di fila si procura addirittura due set point, con una Serena ormai sull’orlo delle lacrime. Con coraggio e forza la Williams annulla i due set point, non riesce a rispondere al successivo servizio esterno di Vika e stavolta non si salva. Un set pari!

Ma è qui che l’Azarenka perde davvero la partita. Sfinita dallo sforzo mentale più che da quello fisico, mentre tutti si aspettano il crollo della 31enne americana è invece proprio la bielorussa a non riuscire più  a fare partita pari. Nel quarto game il crollo. Da 40/15 Vika non riusciva più a giocare cedeva il break e con esso la partita. Il resto, purtroppo, è stato solo la lunga agonia, non ce l’ha fatta a riprendere per l’ennesima volta una partita volata via.

Sia lode a Serena Williams dunque, che vince il 17° Slam – ma lasciate perdere Federer, quello è un altro sport – e si conferma la dominatrice del tennis femminile. Indiscussa? Forse, il suo cammino fino alla finale è stato spaventoso (solo 15 game persi) con un quarto di finale chiuso per 60 60 e una Na Li, non proprio l’ultima arrivata, annichilita in semi. Ma è proprio la finale che ci dice che forse il tennis ha la prossima regina. Perdutasi per strada la Kvitova, alle prese con mille problemi fisici la Sharapova, mai esplosa davvero la Radwanska, incapaci di un briciolo di continuità la tedesca Lisicki – la Bartoli non contava al di là del ritiro – Vikotira Azarenka potrebbe essere la Serena degli anni ’10. Dipende da lei.

Roberto Salerno

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