Tenco 2017, due catanesi in finale all’Ariston «Il dialetto trasmette delle vibrazioni uniche»

È una rosa di nomi ricca di artisti siciliani quella rimasta in corsa per l’assegnazione delle Targhe Tenco 2017. Un premio che rappresenta, dal 1984, il maggior riconoscimento assegnato ai migliori dischi italiani di canzone d’autore, pubblicati nel corso dell’ultimo anno. Cesare Basile con U fujutu su nesci chi fa?, Gabriella Lucia Grasso con Vussia cuscenza e i Pupi di Surfaro con Nemo profeta sono tre dei cinque finalisti nella sezione Album in dialetto, mentre Antonio Di Martino e Fabrizio Cammarata con Un mondo raro hanno conquistato un posto nella categoria Interprete di canzoni. Un riconoscimento che giunge senza alcuna candidatura da parte degli artisti (sono i giurati a votare liberamente secondo quanto ascoltato nel corso dell’anno) che premia artisti e progetti discografici trasversali nei generi e votati dalla più ampia giuria in Italia, composta da oltre duecento giornalisti musicali. In una prima fase, gli esperti devono votare una cinquina per categoria, esprimendo fino a tre preferenze per sezione. 

Nella seconda fase, in una sorta di ballottaggio, la giuria decreta chi fra i cinque titoli nominati in ogni sezione è il vincitore della rispettiva targa. Quattro sono riservate a cantautori (canzone, disco assoluto, disco in dialetto, opera prima) e una riservata a interpreti di canzoni non proprie. «Siamo contentissimi per questo piazzamento in attesa del verdetto finale – racconta Totò Nocera voce e autore dei Pupi di Surfaro – Il nostro gruppo, nato nel 2006, nel corso degli anni ha subito molti cambiamenti e molte evoluzioni, e Nemo Profeta rappresenta l’ultima trasformazione dove abbiamo completamente rinnovato l’organico, il sound, l’intenzione. Siamo una piccola realtà che sta cercando di affacciarsi e questo risultato è già un grande traguardo». In lizza, oltre al gruppo nisseno, ci sarà anche Cesare Basilecon il suo ultimo album che immerge in un’atmosfera surreale, subito allegoria del mondo contemporaneo. Il catanese, già insignito del titolo negli scorsi anni, lo aveva rifiutato nel 2013 in aperta polemica con la Siae

«È un riconoscimento che mi fa piacere – racconta Basile – e, come sempre, diventa per me un’occasione per riflettere sul ruolo che delle strutture e delle istituzioni, che hanno un ruolo così importante come il Club Tenco, oggi possano essere messe veramente al servizio della musica e della cultura». A completare il trio in corsa per la finale Album in Dialetto, in programma al Teatro Ariston di Sanremo, dal 19 al 21 ottobre, ci sarà anche la catanese Gabriella Lucia Grasso, con il suo ultimo lavoro che si snoda tra musica e teatro, sempre in viaggio, dalla nativa Sicilia fino agli Stati Uniti e l’Argentina. «Sono molto felice per questo risultato ed è una vittoria che condivido con tutta la mia squadra, perché è un successo di tutto il gruppo che ha contribuito a produrre questo disco – racconta Grasso -. Quest’album racconta il tema dell’amore che è il centro della nostra vita, la relazione, il percepirsi attraverso la nostra coscienza, con cui spesso facciamo a pugni e a cui io do del lei». «Ciò che mi rende ancora più felice – aggiunge – è stata la possibilità di potermi esprimere in lingua siciliana, a cui io do un grande valore perché la lingua è l’appartenenza alla mia terra. Il Siciliano riesce a trasmettere delle vibrazioni e questo risultato me ne dà concretezza».

Un riconoscimento anche per il duo palermitano formato da Antonio Di Martino e Fabrizio Cammarata che con il loro ultimo album hanno reso un appassionato omaggio alla vita e all’arte della grande cantante messicana Chavela Vargas. «Tutto è nato da un’amicizia tra me e Fabrizio Cammarata – racconta Di Martino – e dalla nostra passione in comune per questa cantante che possiamo definire l’Edith Piaf messicana. Un paio di anni fa siamo andati in Messico e abbiamo deciso di tradurre delle sue canzoni in italiano e le abbiamo registrate a Città del Messico insieme ai suoi chitarristi». «C’è una linea che accomuna Palermo con Città del Messico, perché per entrambi il giorno dei morti è vissuto come una festa – conclude Di martino – Questo aspetto ci dà una visione comune della vita. Sono popoli molto simili e questa straordinaria artista messicana diventa il filo per unire queste due città».

Salvo Caniglia

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